La dismissione travolge anche Siena: persi 800 posti di lavoro in due anni. Il Tazebao del giorno

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Il Tazebao – La dismissione avanza in ogni anfratto dello Stivale e non fa distinzioni partitiche o elettorali: molte righe abbiamo dedicato alla situazione di Firenze, feudo storico del PD, ma la situazione a Siena, in cui il centro-destra è al secondo mandato, in questa città che fu tra le prime in Toscana assieme a Massa e Pisa a farsi trainare dal vento del “governo del cambiamento” nel 2018, non è poi tanto diversa. Sicuramente non migliore. La Gazzetta di Siena riporta infatti che negli ultimi due anni sono andati perduti 800 posti di lavoro, di cui 200 solo di licenziamenti ad Amadori a seguito della chiusura dello stabilimento (mancata riconversione). Per la fine dell’anno prossimo è prevista una fine analoga per Beko, altri 299 pronti a essere mandati a casa, col colosso americano GSK che incombe. Stesso paradigma: inglobamento di attività produttive, licenziamenti di massa (pardon: “staff leasing”). Nel frattempo sono sempre di più i giovani che dopo la scuola dell’obbligo scelgono di andarsene dalla fu capitale ghibellina, venuto meno quel tessuto sociale e produttivo che garantiva loro uno stipendio e un posto fisso sicuri; da notare anche che gli esodati sono sempre più “colletti bianchi” che “colletti blu”: quadri e impiegati ne fanno le spese più degli operai, almeno per ora. Segno che nessuno si salva e anzi i più “pompati” dal sistema e dalla sua narrazione, tra digitale, cibernetica, sostenibilità, DEI ecc. (a proposito di DEI: una ricerca dell’NCRI americana ha dimostrato che questa strategia non solo non ha ridotto le pratiche di discriminazione, ma ha fomentato percezioni paranoiche e “cacce alle streghe” per qualsiasi parola, frase o anche solo il semplice dissenso) sono i primi a farne le spese. (JC)

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