Il Tazebao – Torna prepotentemente e ripetutamente sotto i riflettori l’Armenia, e per ragioni sempre più deplorevoli. Dalla sconfitta nella Guerra del Nagorno-Karabakh nel 2020, la Chiesa Apostolica Armena ha espresso apertamente il suo disappunto e contestato la sempre più marcata cedevolezza del governo di Pashinyan nei confronti delle pretese di un Azerbaigian sempre più ringalluzzito dalla superiorità strategica che ha saputo guadagnarsi nei confronti della vicina del nord. La situazione ha conosciuto un ulteriore e decisivo deterioramento dopo la disfatta del 2023, cui si è affiancata la cessione di quattro villaggi armeni di confine alla sovranità di Baku. Da quel momento è iniziata una mobilitazione popolare, definita «Lotta Sacra», capeggiata dall’Arcivescovo Bagrat arrestato il 25 giugno, due giorni prima che il suo omologo Mikael Adjapahyan seguisse la stessa sorte. Questi eventi si inseriscono nel contesto di una campagna generale lanciata l’anno scorso dal governo contro la Chiesa come risposta a ciò che esso vede come «un tentativo di rovesciare l’ordine costituzionale», ma che ha riscontrato totale contrarietà da parte di alcuni esponenti dell’opposizione, come i parlamentari indipendenti Hovik Agazaryan e Hakob Aslanyan, i quali hanno proposto la nomina dell’Arcivescovo Adjapahyan come primo ministro al posto di Pashinyan. Il sostegno non solo popolare, ma anche politico alla «Lotta Sacra», ha inasprito le divisioni all’interno del governo stesso: l’imprenditore russo-armeno Samvel Karapetyan ha attaccato frontalmente quest’ultimo accusandolo di aver «voltato le spalle alla storia armena e lanciato un assalto alla Chiesa e al popolo armeni». Per tutta risposta, le autorità hanno spiccato un mandato di perquisizione e arresto nei suoi confronti per le stesse accuse di “tentata sovversione”. Ciò ha determinato ricadute anche sui rapporti con Mosca, che pareva stessero conoscendo miglioramenti sia pur estremamente flebili, dal momento che Karapetyan, attualmente detenuto, è anche cittadino russo. Un Caucaso, quindi, parecchio in ebollizione: la Russia deve gestire, peraltro, anche la grana azera, laddove a seguito dell’arresto di una storica banda criminale dalla doppia nazionalità a Yekaterinburg in Azerbaigian sono stati cancellati tutti gli eventi sulla cultura russa e perquisita e chiusa addirittura la sede locale di Sputnik News, con arresto dei suoi principali redattori e appelli alla rivolta degli azeri etnici in Russia contro «l’oppressione coloniale». (JC)

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