Ipse dixit. La Turchia ha votato

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Dopo la vittoria di Erdoğan al ballottaggio con Kiliçdaroğlu, le riflessioni di Gianni Bonini e Lorenzo Somigli.

Gianni Bonini: “Sembra che Erdoğan venga rieletto. Il divario resta quello del primo turno e non è molto. Noi lo abbiamo capito e fin da subito lo abbiamo detto. La Turchia ci dà una grande lezione di partecipazione al voto perché la sua cultura imperiale ed il panturanesimo spingono la gente a credere nel futuro ed all’ottimismo della volontà. L’esatto contrario dell’effetto procurato dalla propaganda del mainstream occidentale che, tra ignoranza e propaganda, sparla di questo mondo solo per averlo intravisto a stento tra un cocktail e l’altro negli hotel della Istanbul europea”.

«È un popolo in cammino consapevole di stare giocandosi il proprio destino e questo fa la differenza. Continuare ad interpretare la politica turca con i consueti e falsi stereotipini occidentali, le lezioncine sulla democrazia e sulla libertà a partire da Santa Sofia, non aiuta la geopolitica delle élite dirigenti (?) ed il consenso intorno ad esse».

“Manca totalmente la coscienza che il nostro quinto partner commerciale che occupa il Mediterraneo di Levante con le Zee e la sua Marina in competizione-condivisione con la Russia, va considerato come un interlocutore regionale di alto rango e con una strategia che potrebbe farci comodo sul piano del balance of power euroasiatico. Ipse dixit”.

IL SECOLO TURCO È IN GESTAZIONE. ITALIA AVVISATA…

Lorenzo Somigli: “Il prisma turco ha richiesto un ulteriore travaglio, con il ballottaggio (per approfondire: La Turchia al voto), segno della complessità e della rilevanza di questo voto. Ha vinto la visione imperiale di Erdoğan rispetto a quella protettiva di Kiliçdaroğlu per il Secolo Turco. La Turchia vuole continuare a esprimere un fattore di potenza nel Rimland; a ciò contribuiscono l’autonomia energetica e la rete infrastrutturale costruita dal Presidente. L’Islam rimane collante sociale irrinunciabile, anche dopo la poderosa industrializzazione degli ultimi decenni: continuità nella discontinuità”.

«(…) La religione assolve al ruolo di soft power, in un certo senso è un collante che ha accompagnato il passaggio della società turca verso l’industrializzazione, che c’è stato ed è stato rapido, evitando contraccolpi e scossoni. Non vedo in Erdoğan un disegno ‘cesaropapista’, vedo una visione organica e coerente, un modello, che ha espresso concretamente, non a parole, una via di sviluppo per la società». Da Il Secolo Turco

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