Infanzia afghana. Il vissuto di Sayed Hussaini Taqi

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Una chiacchierata con Sayed Hussaini Taqi, un ragazzo afghano che studia e lavora in Turchia e che ha vissuto la sua infanzia sotto il primo brutale regime talebano.

Proponiamo, dopo l’introduzione del protagonista, uno scambio di battute sulla situazione in cui versa l’Afghanistan, sul regime talebano attuale confrontandolo con quello passato e sulla paura che assilla l’Europa: green pass? No, una nuova crisi migratoria.

Il mio nome è Sayed Hussaini Taqi, sono nato nel centro dell’Afghanistan, nel villaggio di Balaykoh, che fa parte del distretto di Ashterly, vicino alla più nota città di Bamyan, famosa per le statue del Buddha che i Talebani, quelli del primo regime, hanno distrutto. Tutta questa zona fa parte della provincia di Daykundi. La provincia di Daykundi si trova nell’Afghanistan centrale, è una provincia molto montuosa. Il mio villaggio è uno dei meno popolati dell’Afghanistan, e la maggior parte della popolazione è di etnia Hazara, musulmani sciiti. Ho iniziato a studiare a casa fino alla quarta classe, perché durante il regime talebano, negli anni ’90 non c’era nessuna scuola. Nel 2003 ho iniziato la scuola nella provincia di Bamyan, perché nel distretto in cui vivevo non c’erano scuole.

Sono nato nel 1995, un anno dopo i Talebani hanno preso il potere. Finalmente li abbiamo cacciati nel 2001, non ricordo bene, avevo 4-5 anni, anche allora si sono abbandonati a ogni forma di atrocità: ricordo ancora il corpo senza vita di mio zio che hanno legato al rimorchio di una loro auto e l’hanno trascinato davanti ai nostri occhi.

Molti di questi Talebani provengono dalla campagna, dalle zone rurali, sono persone prive di un’educazione, sono molto fanatici; professano l’Islam sunnita essendo di etnia Pashtun, ma non si tratta di religione, è puro fanatismo il loro.

Sono venuto il Turchia nel 2013 e da allora sono sempre stato qui. Purtroppo, come saprai, non è semplice per noi che abbiamo il passaporto afghano poterci muovere nel mondo. Sono arrivato ad Istanbul grazie a una borsa di studio offertami dal governo afghano. Sto finendo il mio master qui e di notte lavoro presso un hotel come receptionist. Molti afghani stanno raggiungendo la Turchia perché spaventati dalla presa di potere dei Talebani: molti di quelli che se ne vanno sono musulmani sciiti, sono gli Hazara. Io e la mia famiglia apparteniamo a una minoranza in seno agli Hazara, ma sempre sciiti. La minoranza si chiama Sadat. C’è la pena di morte per gli sciiti in Afghanistan. In più, molti lasciano il paese a causa dell’assenza di lavoro e dei miseri salari: come fai a sopravvivere con massimo 40 euro al mese?

La Turchia, come l’Unione Europea, è spaventata dell’arrivo degli afghani, ha rafforzato il muro al confine con l’Iran. Come e dove vedi il tuo futuro?

“All’inizio, noi Afghani, avevamo una buona reputazione qui in Turchia, ma in seguito anche alla guerra in Siria, quando il paese si è riempito di rifugiati, la situazione è cambiata. I turchi, ora più che mai, visto anche che loro stessi, in primis, non se la passano bene economicamente, temono fortemente una svalutazione del mercato del lavoro. L’hanno già sperimentato con l’arrivo dei siriani, adesso, oltre a questi ultimi, ci siamo anche noi. C’è da dire anche che queste persone che arrivano, afghani compresi, non vogliono rimanere qui in Turchia, sognano di raggiungere l’Europa. Io sto finendo il mio master a Istanbul, ma non so cosa farò dopo, il mio futuro è incerto e vedo solo una luce fioca in fondo al tunnel. Di certo non posso ritornare in Afghanistan e vivere sotto il brutale regime talebano. La tensione Turchia-Unione Europea sui rifugiati afghani non fa che peggiorare la situazione”.

I tuoi parenti sono in Afghanistan? Non temono per la loro vita?

“Ho tutti i parenti nel paese. Mio fratello lavora per il ministero della salute. È ritornato al suo lavoro. Non so se ha fatto bene o meno, per una questione di sicurezza personale”.

Noti qualche cambiamento tra il regime attuale dei Talebani e i vecchi Talebani?

“Il cambiamento c’è, ma riguarda la popolazione, non i Talebani. Quando presero le redini del paese la prima volta, nel 1996, non c’era Internet, gli afghani non potevano vedere e capire il mondo là fuori, erano anche più incolti. Le persone nate dopo l’11 settembre, vantano in maggior parte diplomi universitari. Vedono oltre il loro villaggio. I Talebani non sono cambiati per niente: recentemente hanno deposto il ministro per le politiche rosa e sostituito il ministero con quello dell’Islam (“making people knowing about Islam”). È vero che anche i Talebani, alcuni di loro, sono in possesso di una laurea e hanno ricevuto un grado di istruzione superiore rispetto al passato, ma escono da scuole coraniche e quel poco che sanno dell’Islam lo usano in modo strumentale e fanatico. Sono cambiati gli afghani, non i Talebani, che sono sempre afghani, vero, ma sono rimasti in possesso della stessa mentalità del passato per quanto desiderosi di mostrare al mondo una faccia più pulita e blanda”.

Pensi che la Turchia, che ha dimostrato molto interesse nel gestire l’aeroporto di Kabul, possa riconoscere, un domani, il regime Talebano?

“Turchia, Cina, Iran e Pakistan sono stati tutti molto sensitivi e ricettivi all’avvento dei Talebani, ma solo perché l’Occidente ne è uscito sconfitto. Lo fanno per ripicca: tu non ce l’hai fatta, bene, adesso tocca a noi e ti dimostriamo che ce la facciamo. Questo è il gioco in cui si vogliono dilettare. Gli USA sono rimasti 20 anni e passa nel paese, con quale risultato? Hanno sconfitto una volta i Talebani per poi riportarli di nuovo in auge. L’Afghanistan è ricco in materiali preziosi, che la Cina non vede l’ora di accaparrarsi. Il Pakistan è nemico giurato dell’Afghanistan, ma adesso può installare un governo amico e fantoccio a Kabul e non vuole perdere questa occasione. I Talebani sono Pashtun, la pluralità in Afghanistan appartiene a questa etnia, la stessa che è dominante in Pakistan”.

Gli afghani si sentono traditi dall’addio americano?

“Possiamo dire che in una certa misura gli americani hanno tradito gli afghani, tuttavia, lo sapevamo già che la presenza americana sul territorio non sarebbe durata in eterno. C’è da dire che il governo voluto dagli USA, è un governo corrotto e la notizia di Ghani che ha lasciato il paese lo dimostra.

Se chiedi alle persone che vivono nelle zone rurali cosa pensano dell’America, ti risponderanno che odiano il paese a strisce e stelle. Ma vanno anche capiti: prima, quando vivevo in Afghanistan, anche io pensavo esattamente come loro. “Il mio villaggio è il migliore del mondo” pensavo nella mia testa. Non conoscono altre realtà. Hanno visto e vissuto l’Afghanistan prima del ’96, post 2001, quindi America e, di nuovo, Talebani. Le uniche realtà che conosciamo.

Non possiamo nemmeno biasimarli, in fondo. Gli americani hanno speso milioni in Afghanistan, ma i risultati non sono visibili. Il paese è messo peggio rispetto al passato. In cosa sono stati investiti questi soldi? Io personalmente sono felice che gli Americani siano rimasti in Afghanistan a lungo; se non fosse stato così, io non mi troverei in Turchia per studio. Ma allo stesso tempo, mi rendo conto, che gli americani non potevano rimanere ancora in Afghanistan. Purtroppo, la corruzione dilaga nel paese, neanche loro non hanno potuto fare qualcosa per contrastarla.

Il governo Ghani è stato il più corrotto della storia del paese, ma è rimasto in piedi grazie all’appoggio americano.

L’Afghanistan è un paese difficile da governare a causa, principalmente, della sua composizione etnica che si intreccia con quella religiosa e tribale. È il paese delle minoranze; i Pashtun sono la pluralità, ma non la maggioranza. E tutte queste minoranze presenti, sono connesse etnicamente con gli stati confinanti con l’Afghanistan, ma nessuna vuole un’annessione con il proprio paese o vuole far ritorno in Uzbekistan o Tagikistan per fare un esempio. Gli stessi Pashtun non vogliono di certo andare in Pakistan o dar vita a una sorta di “grande Pashtun” insieme alla componente pakistana. Ognuno preferisce vivere da minoranza in Afghanistan. E questo non potrà mai essere cancellato o cambiato.

Noi afghani dobbiamo fare qualcosa per il nostro paese e smettere di aspettare l’aiuto di questo paese o di quell’altro. Gli altri non sono al corrente della complessità quotidiana e del sistema istituzionale e sociale in cui viviamo, sistemi sedimentati da secoli che difficilmente subiranno cambiamenti. Non conoscendo o non volendo conoscere la nostra storia, come ci possono aiutare?”

Sull’Afghanistan

Salvatore Lombardo: “Massoud lotta ma gli manca il supporto. Biden? Ha oltraggiato la Francia. Aoun…” – Il Tazebao

Afghanistan: il ritiro degli USA, il ritorno dei Talebani e l’ombra del Qatar. A colloquio con M. Nazmul Islam (Università Yildirim Beyazit) – Il Tazebao

English version

Afghan childhood

A chat with Sayed Hussaini Taqi, an Afghan boy who studies and works in Turkey and who lived his childhood under the first brutal Taliban regime. After the introduction of the protagonist, we propose an exchange of views on the situation in Afghanistan, on the current Taliban regime compared to the past one, and on the fear that is haunting Europe: green pass? No, a new migratory crisis.

My name is Sayed Hussaini Taqi, I was born in the center of Afghanistan, in the village of Balaykoh, which is part of the district of Ashterly, near the more famous city of Bamyan, famous for the statues of Buddha that the Taliban, those of the first regime, destroyed. This whole area is part of Daykundi province. Daykundi province is in central Afghanistan, it is a very mountainous province. My village is one of the least populated in Afghanistan, and most of the population is ethnic Hazara, Shia Muslims. I started homeschooling until grade 4 because, during the Taliban regime, there was no school in the 1990s. In 2003 I started school in Bamyan province because in the district where I lived there were no schools.

I was born in 1995, a year later the Taliban took power. We finally kicked them out in 2001, I don’t remember well, I was 4-5 years old, even then they indulged in every form of atrocity: I still remember the lifeless body of my uncle that they tied to the trailer of one of their cars and dragged it in front of our eyes.

Many of these Taliban come from the countryside, from rural areas, they are people without education, they are very fanatical; they profess Sunni Islam being of Pashtun ethnicity, but it is not a question of religion, it is pure fanaticism.

I came to Turkey in 2013 and have been here ever since. Unfortunately, as you know, it’s not easy for those of us with Afghan passports to move around the world. I came to Istanbul thanks to a scholarship offered to me by the Afghan government. I’m finishing my master’s degree here and I work as a receptionist in a hotel at night. Many Afghans are coming to Turkey because they are afraid of the Taliban takeover: many of those leaving are Shiite Muslims, the Hazaras. My family and I belong to a minority within the Hazaras, but still Shia. The minority is called Sadat. There is a death penalty for Shiites in Afghanistan. In addition, many people leave the country because of the lack of work and the poor wages: how can you survive on a maximum of 40 euros a month?

Turkey, like the European Union, is frightened of the arrival of Afghans, has strengthened the wall on the border with Iran. How and where do you see your future?

“At the beginning, we Afghans had a good reputation here in Turkey, but after the war in Syria, when the country was filled with refugees, the situation changed. The Turks, now more than ever, given also that they themselves, first of all, are not doing well economically, strongly fear a devaluation of the labor market. They have already experienced this with the arrival of the Syrians, and now, in addition to the Syrians, we are here too. It must also be said that these people who arrive, including Afghans, do not want to stay here in Turkey, they dream of reaching Europe. I am finishing my master’s degree in Istanbul, but I don’t know what I will do next, my future is uncertain and I can only see a dim light at the end of the tunnel. I certainly can’t go back to Afghanistan and live under the brutal Taliban regime. The Turkey-EU tussle over Afghan refugees only makes the situation worse”.

Your relatives are in Afghanistan? Don’t they fear for their lives?

“I have all the relatives in the country. My brother works for the Ministry of Health. He went back to his job. I don’t know if he did right or not, as a matter of personal safety”.

Do you notice any change between the current Taliban regime and the old Taliban?

“The change is there, but it concerns the population, not the Taliban. When they first took over the country in 1996, there was no Internet, Afghans could not see and understand the world outside, they were also more uncultured. The people born after 9/11 mostly boast university degrees. They see beyond their village. The Taliban have not changed at all: they recently deposed the minister for pink policies and replaced the ministry with the ministry of Islam (“making people knowing about Islam”). It is true that even the Taliban, some of them, have a university degree and have received a higher education than in the past, but they come from Koranic schools and what little they know about Islam they use in an instrumental and fanatical way. The Afghans have changed, not the Taliban, who are still Afghans, true, but they have remained in possession of the same mentality as in the past however eager they are to show a cleaner and blander face to the world”.

Do you think that Turkey, which has shown a lot of interest in running the Kabul airport, might recognize the Taliban regime one day?

“Turkey, China, Iran and Pakistan have all been very sensitive and receptive to the advent of the Taliban, but only because the West has been defeated. They do it out of spite: you didn’t make it, fine, now it’s our turn and we’ll show you we can. This is the game they want to dabble in. The US has been in the country for 20 years and more, with what result? They defeated the Taliban once and then brought them back again. Afghanistan is rich in precious materials, which China is eager to grab. Pakistan is Afghanistan’s sworn enemy, but it can now install a friendly, puppet government in Kabul and it doesn’t want to miss this opportunity. The Taliban are Pashtuns, the plurality in Afghanistan belongs to this ethnic group, the same one that is dominant in Pakistan”.

Do Afghans feel betrayed by the American goodbye?

“We can say that to a certain extent the Americans have betrayed the Afghans, however, we already knew that the American presence on the territory would not last forever. It must be said that the government wanted by the USA, is a corrupt government and the news of Ghani leaving the country proves it.

If you ask people living in rural areas what they think of America, they will tell you that they hate the country of stripes and stars. But they also need to be understood: before, when I lived in Afghanistan, I used to think exactly like them. “My village is the best in the world,” I thought in my head. They don’t know any other reality. They have seen and experienced Afghanistan before ’96, post 2001, then America, and Taliban again. The only realities we know.

We cannot even blame them after all. The Americans have spent millions in Afghanistan, but the results are not visible. The country is in worse shape than before. What has this money been invested in? Personally, I am happy that the Americans stayed in Afghanistan for a long time; if they hadn’t, I wouldn’t be in Turkey to study. But at the same time, I realize, the Americans could not stay in Afghanistan any longer. Unfortunately, corruption is rampant in the country; they couldn’t do anything about it either. The Ghani government was the most corrupt in the country’s history, but it remained standing thanks to American support.

Afghanistan is a difficult country to govern, mainly because of its ethnic composition, which is intertwined with religious and tribal composition. It is the country of minorities; the Pashtuns are the plurality, but not the majority. And all of these minorities are ethnically connected to Afghanistan’s neighbors, but none of them wants to be annexed to their own country or return to Uzbekistan or Tajikistan, for example. The Pashtuns themselves certainly do not want to go to Pakistan or create a sort of “great Pashtun” together with the Pakistani component. Everyone prefers to live as a minority in Afghanistan. And this can never be erased or changed.

We Afghans must do something for our country and stop waiting for help from this country or that other. The others are not aware of the daily complexities and the institutional and social systems we live in, systems that have been sedimented for centuries and are unlikely to change. Not knowing or not wanting to know our history, how can they help us?”


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