Laura Lodigiani e Gianni Bonini ricordano Giorgio Morales, ex Sindaco di Firenze.
Giorgio Morales si è spento dieci giorni fa. Per ricordare l’ex Sindaco di Firenze e per andare oltre una fastidiosa retorica, il Tazebao ha voluto provocare due protagonisti di quell’epoca fiorentina, l’ultima della Prima Repubblica, Laura Lodigiani, instancabile promotrice culturale e regista essa stessa e Gianni Bonini, ispiratore del nostro blog.
“Giorgio ha significato molto per me. Abbiamo lavorato insieme serenamente e con eccellenti risultati. Mi ricorderò sempre quello che mi disse: ‘Sei stata la miglior collaboratrice che ho avuto”. Inizia così Laura che dall’80 all’85, quando fu nominata nel Consiglio dell’ETI, è stata consulente del Comune di Firenze per lo spettacolo. A lei si devono il ritorno a Firenze di Martha Graham dopo essere stata fischiata nel 1952 al Maggio Musicale. La bottega di Gassman che avrebbe portato a Firenze mentori come Jeanne Moreau, Anthony Quinn, Gigi Proietti e Giorgio Albertazzi, attiva nel saloncino del Teatro Goldoni allora previsto come sede di un teatro stabile e in una dinamica coesistenza con Edoardo de Filippo alla Pergola e di Orazio Costa Giovangigli. E poi le avanguardie post-teatrali alla Rostagno che inventò Lichtenstein a Orsanmichele, i Krypton ed i Magazzini Criminali, la Torpedo, il bus a due piani reliquia della settimana britannica appena prima dell’Alluvione del 1966 trasfigurato in spettacolo itinerante.
“Ho lasciato il mio incarico di consulente in Comune – spiega ancora Laura – perché il PSI mi aveva indicato come vicepresidente del Teatro Regionale Toscano e Lagorio mi aveva nominato nel CdA del ETI a Roma ma questo non ha interrotto la collaborazione con Giorgio Morales ma anzi ci ha consentito un rapporto ancor più costruttivo a livello nazionale e non solo, soprattutto con il Ministero dove erano in discussione le nuove leggi sullo spettacolo dove ci siamo trovati in prima linea per la salvaguardia del Teatro Comunale e del maggio Musicale”.
“Questi alcuni fra i tanti successi di quella storia indimenticabile” spiega Gianni Bonini che aggiunge: “La Messa da Requiem di Verdi diretta da Zubin Mehta in piazza della Signoria il 1° luglio 1986 per l’apertura di Firenze Capitale Europea della Cultura, a cui assistono Craxi e Mitterand da una finestra di Palazzo Vecchio, ne esalta la valenza internazionale anche in termini politici. C’era una volta l’eurosocialismo…”
“Dopo gli anni Trenta e con un respiro più contemporaneo rispetto a La Pira” prosegue Bonini “si era aperta negli anni Settanta una stagione di straordinaria innovazione. Il tessuto storico urbano era fitto di fermenti di avanguardia. Recentemente ho avuto l’occasione di ricordare lo studio art/tapes/22 di Maria Gloria Conti Bicocchi, dove nasce la video arte italiana e si forma Bill Viola. Lagorio Ministro al Turismo ed allo Spettacolo e Morales assessore alla Cultura, dopo la crisi dell’83 che scaricò il PCI dalla Giunta e con Bonsanti prima e Lando Conti poi, orrendamente sacrificato dal terrorismo, danno spazio a questa fioritura che incrocia la nuova vitalità del centro storico con la scoperta delle periferie. I socialisti, Ottaviano Colzi in testa, impressero dinamismo politico e progettuale alla città che con le elezioni del 1995 invece si consegnerà definitivamente al cattocomunismo radicato nell’establishment politico-istituzionale”. Chiosa Gianni Bonini: “La sconfitta di Giorgio Morales Sindaco sigilla la fine della promessa fatta dalla nuova leva politica riformista, allora ero Presidente di Fiorentinagas, voglio citare anche Giovanni Pallanti, colto ed indomito Vicesindaco, di una Firenze che si rinnova come una delle capitali del mondo. I fiorentini scelsero sull’onda di Mani Pulite senza che quell’esperienza amministrativa ne fosse stata sfiorata. La tristezza dei tempi nostri è figlia di quella colpa”.
“Quando Giorgio viene riconfermato Sindaco nel 1990, dopo l’anno di interregno per le dimissioni di Bogianckino, a seguito dell’ottimo consenso elettorale suo e del PSI, i post-comunisti della Bolognina non gli perdoneranno il pentapartito” rincara Laura Lodigiani, “e si inventeranno pure un ridicolo conflitto di interessi. Piano parcheggi, la variante di Nord-Ovest, l’accordo con le ferrovie dello Stato per il passaggio esterno sono state alcune delle migliori opzioni di quella amministrazione”.
L’esperienza del decentramento amministrativo
“Ho conosciuto Morales nel 1975, allora ero nella segreteria del coordinamento dei comitati di quartiere” ci racconta ancora Bonini “quando canalizzò nel decentramento amministrativo la spinta di questi organismi nati spontaneamente con l’Alluvione. Il PCI ci stava dentro come il Manifesto-PdUP in cui allora militavo. Lavorò bene, con quella concretezza che è sempre stata il suo tratto riformista, tanto che riuscì a reggere l’impatto della macchina comunista, resa ancora più determinata dalla vittoria elettorale. Quei 14 Consigli di Quartiere hanno svolto egregiamente la funzione per cui sono nati. E la periferia conobbe per la prima volta una legittimazione che non tarderà ad affermarsi con le iniziative culturali di Franco Camarlinghi, è giusto sottolinearlo. Il ciclo su Pier Paolo Pasolini nel 1980 a Villa Pozzolini, a Novoli, è stato un evento di assoluto livello, da Biennale di Venezia, ma tutto il territorio metropolitano ne fu investito”.
Prima di lasciarci Laura vuole ritornare sulle elezioni amministrative del 1995, le prime col maggioritario, sul grave errore di Morales, a suo avviso, quello di non accettare l’apporto in prima battuta di Alleanza Nazionale, già peraltro sdoganata da Berlusconi fin dai tempi delle amministrative di Roma e poi nella prima avventura di governo. “È vero che lo fece secondo lo stile dell’uomo per coerenza con la sua storia politica personale, quella di un socialista, riformista ed antifascista, ma” rimarca Gianni “i fiorentini non sembrarono fargliene un merito e fummo sconfitti al primo turno senza appello. Probabilmente si sarebbe perso lo stesso, tuttavia un po’ di spregiudicatezza non ci avrebbe fatto male. La verità è che le forze del turbocapitalismo finanziario non contemplavano l’autonomia della vecchia cultura politica e noi fummo travolti con essa. Ma questa è un’altra storia”.