Il nuovo Quaderno de Il Tazebao “Chi vuole (ancora) una città così?” apre una riflessione critica dello sviluppo urbano di Firenze. Per un nuovo abitare.
Dall’introduzione
No, non c’è mediazione possibile. E non c’è più modo di rimediare, di salvare il salvabile, di mettere toppe qua e là, di vivacchiare furbescamente, di fingere o autoconvincersi. L’unica alternativa è una critica sistemica, rigorosa, radicale al modello di città che ci è stato imposto e che abbiamo finto di non vedere, affaccendati nel nostro piccolo quotidiano o presi dalla frenesia dei “sùbiti guadagni”. Da adesso bisogna guardare. E reagire. Un po’ per aver salva la nostra coscienza ma anche per necessità. Ché tutto questo ci schiaccerà, prima o poi.
La domanda è la stessa di cinquant’anni fa, la stessa di quello straordinario lavoro e laboratorio di critica allo sviluppo urbano – da Firenze Capitale agli anni ’70 – firmato dall’architetto Luigi Bicocchi.
Per approfondire: “Luigi Bicocchi. Una progettazione urbana partecipata. Firenze 1971-1973”, a cura di Daria Frezza Bicocchi, edito da Centro Di (2018).
Chi vuole una città così? Chi vuole, ancora, una Firenze così? Per quanto è ancora sostenibile, da un punto di vista economico, ambientale, energetico e idrico, umano, questa Firenze? E se non abbiamo voluto una città così, perché ci è stata imposta? E se non volessimo più una città così? Sono interrogativi che non possiamo più evitare.
Non funziona nascondersi. E non basta pensare a sé e solo a sé. Arriverà, più prima che poi, per tutti, nessuno escluso, un momento in cui dovremo scegliere. Cadrà ogni ambiguità, rotti gli ultimi argini. E dovremo lottare – sì – per uno spazio di libertà, a tutela della nostra biodiversità, attraverso l’ecologia civica e la solidarietà orizzontale.
Questo nuovo quaderno de Il Tazebao, concepito nel giro di qualche cupa notte di pensieri e di rovelli, come sempre stampato nella tipografia di quartiere (come di quartiere è la libreria dei nostri eventi), richiamando alla mente la grande mole di lavori svolti negli anni e di azioni concrete, grazie al sostegno della nostra comunità resistente (non resiliente), è da intendersi come una summa di critica, una critica che non poteva più essere taciuta, e un invito alla pratica dell’obiettivo, che la nostra comunità ha già dimostrato di saper praticare.
La prima parte riprende analisi ora di ampio respiro ora minute, sui rioni, grazie anche alle fotografie di Jacopo Canè che parlano da sole, in una finestra temporale di sei anni. La seconda riflette sulla scarsità delle risorse e critica il modello della monocoltura turistica, colpevole di impoverire la città, nel suo tessuto umano e artigiano e relazionale, e di esercitare una pressione antropica non più sostenibile. Segue un esempio di pratica dell’obiettivo, di grande successo, per una città veramente universale. Dunque, le iniziative svolte per una semina ovvero una ricostruzione culturale che sarà paziente o meglio lunga, come la nostra marcia. Infine, come nostro solito uno sguardo fuori, più in là, perché ciò che succede lì ha conseguenze quaggiù, naturalmente.
Insomma, ho sentito il bisogno di lasciarlo scritto, come testimonianza, come fine d’un percorso e l’inizio di uno nuovo. Perché va detto. Va gridato il nostro dissenso. E dobbiamo reagire.
Copie del nuovo quaderno saranno disponibili nei prossimi incontri de Il Tazebao, a partire da quello del 22 maggio “Firenze Campo di Marte: lo stadio, la comunità, l’occasione perduta” alla Libreria L’Ora Blu.