I letterati e il luogo dello spirito: il giardino cinese

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Il giardino cinese è il luogo dello spirito, dell’elevazione dalle cose materiali, crea un’atmosfera di solitudine, di meditazione e di raccoglimento è il luogo preferito dei letterati.

È proprio a loro, infatti, che veniva affidato il compito di progettarli e di predisporli, venivano inserite in alcuni punti del giardino alcune frasi poetiche a testimoniare la presenza dello spirito ispiratore, che avrebbe tramandato nel tempo un capolavoro di spazio e di bellezza e di poesia naturalistica

Chi erano i progettisti dallo spirito elevato per avere l’onore di ricreare la natura in  poesia e far vivere la poesia in mezzo alla natura?

Erano i letterati (in Occidente venivano chiamati Mandarini, termine che deriva in portoghese, mandar che significa comandare) ovvero la classe intellettuale cinese, riconosciuta come classe sociale di nobiltà. Il titolo non si basava su privilegi aristocratici ereditati, né sulla ricchezza, né sulla proprietà fondiaria. Un privilegio di nobiltà acquisito esclusivamente per la meritocrazia intellettuale. Il reclutamento di questa élite era riservato esclusivamente a coloro che erano riusciti a superare dei difficili ed estenuanti esami.

I Mandarini erano personaggi molto vicini all’imperatore e lo rappresentavano nel suo potere autoritario in tutto il territorio. L’imperatore deteneva un potere autocratico, e la burocrazia imperiale permetteva di gestire molto bene il territorio del Paese. Anche l’oligarchia dei mandarini era molto potente, controllava l’insegnamento basato sul credo etico confuciano.

Una ideologia quella del confucianesimo che dava molta importanza all’educazione dei giovani e al ruolo della famiglia e della società.

I letterati dovevano sempre perfezionare il proprio sapere, rendere autentico il loro pensiero e rendere nobile il proprio cuore con l’aiuto della lettura, altrimenti lo spirito poteva rimanere privo della profondità del pensatore come dell’originalità dell’artista pittore e poeta.

L’ideale di uomo per Confucio era “l’uomo superiore”, o meglio “un gentiluomo paragonabile alla giada”:

“Le virtù del gentiluomo sono paragonabili a quelle della giada, disse Confucio e aggiunse: la giada è dolce, calda e lucente, e questo è cortesia, è dura e inflessibile e questo è rettitudine, i suoi angoli e i bordi possono essere acuti. Ma non feriscono nessuno, e questo è carattere, può essere spezzata, ma non piegata, e questo è coraggio, in essa coesistono bellezza e difetti, e questo è indulgenza, quando è battuta emette un suono chiaro, che arriva lontano e che cessa in modo pulito e questo è eloquenza (Confucio pensa al gentiluomo che è caldo come un giada)”.

Il fine educativo dell’etica di Confucio si basava sulla formazione dei saggi e dei nobili di spirito.

“L’educazione ha inizio con la poesia, si rafforza mediante la giusta condotta (si intende autodisciplina) si manifesta attraverso la musica, il gentiluomo si perfeziona mediante l’educazione e la cultura”. 

Il centro di questa etica era il concetto di virtù detta jen o giusta organizzazione delle relazioni umane, un complesso di virtù, bontà, benevolenza, mitezza.

Mentre il concetto di li si identificava con l’armonia tra uomo e natura, ed era la forza che guidava l’uomo nei suoi doveri sociali, sia verso gli altri uomini con il rispetto, la cortesia e l’autocontrollo, come verso gli esseri spirituali superiori e portava al corretto culto degli antenati e al mondo divino tra cui anche al T’ien (cielo) da cui l’imperatore aveva ricevuto il regno, e governava con il mandato del cielo.

Per Confucio esisteva una virtù universale, la virtù del saggio, dell’essere perfetto, uno stato raggiungibile da tutti attraverso lo studio e l’educazione e la corretta disciplina.

“Seguendo la dottrina confuciana, secondo la quale ciascuno dovrebbe affinare se stesso come un pezzo di giada”.

L’uomo veniva concepito in armonia con se stesso, con la società, la quale a sua volta rispecchiava la perfezione spirituale e l’etica.

Il concetto di jen veniva  estesa anche a livello politico, sulla realizzazione di un governo basato sulla persuasione morale, benevolo, il cui capo era l’esempio, di moralità e di dedizione disinteressata. Confucio poneva al primo posto il problema politico e la sua soluzione, prima ancora del problema religioso.

I Mandarini

Esisteva una doppia gerarchia di funzionari mandarini, sia militari che civili si potevano riconoscere tra loro per l’aspetto e anche da alcuni particolari per la loro pettinatura per esempio e dal colore dell’abito, dai pettorali ricamati che portavano sul davanti ad esso  che  consentivano di individuare  il rango di appartenenza.

La classe dei mandarini si impose come uomini colti, raffinati esperti nell’esercizio del potere e con la capacità di mantenere l’unità dello Stato, quelli di primo rango erano in assoluto considerati “i perfetti”, e molto vicini all’imperatore ed erano i consiglieri e la fonte d’ispirazione della politica cinese del celeste impero.

L’imperatore aveva un potere assoluto,  che si realizzava attraverso  la rigorosa burocrazia, esisteva, però, parallelamente il sistema democratico di confronto con i letterati e mandarini e la ristretta élite intellettuale per la gestione della politica

Il perfezionamento per raggiungere la virtù dei Letterati consisteva  nella capacità di di essere dei bravi maestri calligrafi e di conseguenza anche dei bravi pittori. I dipinti degli studiosi erano sempre stati tenuti in grande considerazione perché riflettevano il sapere e il gusto raffinatissimo dei suoi autori. La calligrafia cinese divenne nel tempo l’arte maggiore inseparabile dalla pittura, questo per due fattori fondamentali: la natura della lingua cinese e l’uso del pennello e dell’inchiostro per entrambe le arti.

I fini della pittura erano tre

Il primo, illustrare il li (la legge interiore delle cose), il secondo rappresentare le idee come nella scrittura, il terzo rappresentare forme  come nei disegni.

Il letterato dipendeva dal bi (pennello) per visualizzare il suo virtuosismo, era il pennello a dare vita alla natura essenziale del saggio. Era un esercizio continuo e costante di perfezione, quello di saper usare perfettamente l’inchiostro, e di arrivare alle giuste sfumature, a testimoniare il raggiungimento del suo equilibrio mentale in un costante esercizio Zen, la calligrafia e la pittura, andavano di pari passo.

Un poeta calligrafo del periodo Song Su Shi (1036 -1101) si esprimeva così nei confronti di un artista del Medio Tang Wang Wei (699-759) a cui sono stati  attribuibili i primi tentativi di pittura di paesaggio a inchiostro rotto o pittura a inchiostro: c’è poesia nella pittura e pittura nella sua poesia”.

I gentiluomini – letterati appartenevano alla classe dominante che comprendeva l’élite sociale e culturale della società – dipingevano per svago e si esprimevano in vari temi artistici sia nella pittura, come nella calligrafia che nella poesia.

La pittura degli studiosi, prese un tale slancio nel passare del tempo da diventare un filone principale dell’arte cinese, questo dipese dal fatto che alcuni grandi pittori si trovarono ad essere gentiluomini-letterati.  Un buon artista traeva sempre la forza dal suo spirito, ma gli erano anche necessari la compagnia degli amici colti, e un ambiente raffinato, circondato da libri e dipinti. I loro incontri spesso avvenivano in una costruzione architettonica, molto ben curata e allestita con un arredo prezioso e raffinato nella parte centrale  del giardino detta tingtang (parola composta ting e tang , il primo significa luogo per discutere di affari , il secondo è una grande sala luminosa e soleggiata) riccamente decorata come dimostrazione del proprio valore, ceto sociale e culturale

I giardini storici cinesi erano strettamente correlati con gli scritti  letterali e alla pittura di paesaggio, teoricamente, condividevano le stesse regole, definivano tra ciò che era primario e secondario nella loro composizione e nella realizzazione. Seguivano la fantasia del letterato con alcuni complicati principi tra le scienze matematiche e quelle astrologiche che determinavano la scelta per l’ubicazione geografica  del territorio su cui doveva essere realizzato il giardino  con e le sue  forme di architettura. Erano scelte dettate dalla geomanzia cinese che determinava e orientava in forma corretta l’ubicazione del tutto, affinché le forze naturali correttamente bilanciate riducessero eventuali future le negatività che potevano portare a malattie.

Come per i dipinti, nel giardino gli elementi significativi si dovevano trovare di fronte all’osservatore, mentre quelli meno importanti potevano essere posti in secondo piano. In Cina il cui nome significa Regno di Centro, gli oggetti messi nel centro di qualsiasi composizione, quindi anche quelli del giardino, erano simboli di  potere e di prestigio che si dovevano ammirare ed erano strettamente legati al concetto di bellezza.

I letterato, nelle sue pause quotidiane, amava passeggiare nel suo giardino, che curava personalmente nei minimi particolari in una continua progettazione, affinché il fluire delle cose fosse più armonioso possibile con il susseguirsi dello Yin e dello Yang (l’antica cosmologia cinese  le due forze che guidano  lo sviluppo degli eventi naturali).

Lo Yin nel fen shui (antica arte geomantica cinese) è rappresentato dall’acqua, elemento indispensabile alla vita, essa ha sempre affascinato la fantasia dei letterati e dei pittori per la sua capacità a non distruggersi, ad essere una cosa viva, con la possibilità di trasformarsi e a insinuarsi dovunque. L’acqua è considerata  il sangue dell’universo, mentre la montagna è considerata la sua ossatura, ed è importante che l’acqua si muova, così la montagna diventa viva.

Per il filosofo Laozi l’acqua esemplifica il comportamento corretto dell’uomo che consente al debole con la perseveranza  di vincere il forte. Lo Yang invece è rappresentato dal vento, inteso come respiro come spirito. Il vento è simbolo di armonia, progresso, felicità è portatore d’energia perché sposta le nuvole, che a loro volta generano acqua come ciclo ed elemento vitale.

I giardini comprendevano varie costruzioni orizzontali nel loro interno, alcune si alternavano lungo un camminamento coperto, oppure  si trovavano ai bordi di un laghetto.

Lo studiolo del Letterato in genere si affacciava sul giardino, comprendeva nel suo interno una serie di collezioni di oggetti rari e ricercati a carattere naturalistico che venivano anche integrati nel suo ambito lavorativo, come, per esempio, un porta pennelli ricavato da un ramo di bambù poi finemente lavorato, inciso con qualche verso di poesia, mentre una grande radice di albero secolare poteva essere trasformata in un tavolino o in un sedile.

Spesso era presente sulla scrivania una sottile lastra di marmo le cui venature potevano ricordare un paesaggio, era montata su una raffinatissima base, lavorata in legno pregiato, per formare un piccolo paravento da tavolo. La roccia del Letterato non poteva mancare sulla scrivania di piccola proporzione.

L’interesse per le pietre da parte dei cinesi è sempre stato molto sofisticato e raffinato, perché collezionare le pietre è sempre stata considerata un’arte fino all’antichità.

Le montagne, le rocce e le pietre erano il simbolo di longevità. Le origini di questo collezionismo sono sconosciute, si  ipotizza che risalga a circa 2500 anni, la leggenda narra che l’imperatore Yu che regnò nel secondo millennio a.C. avesse ricevuto i  tributi delle tasse con delle rocce bizzarre.

Sono proprio le rocce le grandi protagoniste del giardino cinese insieme all’acqua e alle piante

Il culto delle pietre è documentato in molte località della Cina. Venivano  invocate per  la richiesta propiziatoria della pioggia e in caso contrario quello di siccità le pietre venivano percosse brutalmente.

Durante la dinastia Ming (1368-1644), lo studioso Lin Youlin scrisse il “Compendio delle Rocce del Semplice Giardino” così:

“Ho spesso detto che la calligrafia, i dipinti  famosi le antiche iscrizioni e i contenitori di bronzo rituali permettono alle persone di superare i propri limiti. Ma le Rocce sono ciò che davvero avvicina allo zen, i puri maestri (cioè le rocce) annuiscono in approvazione, come frecce che volano incontrastate”.

Continuando la lettura del compendi di Lin Youlin possiamo intuire che esistevano due tipi di rocce che i letterati amavano particolarmente quelle da giardino e quelle piccole da collezione, ma spesso le rocce in natura non presentavano le caratteristiche estetiche degne da essere collezionate o da essere esposte nella parte centrale del giardino o della scrivania, e sia nell’uno che nell’altro caso, era giusto intervenire artisticamente su di esse per arrivare alla perfezione necessaria per essere ammirate.

“Quelle che sono leggermente inferiori nelle loro caratteristiche cavità e fessure vengono migliorate con il cesello e poi invecchiate lasciandole esposte alla sferza del vento e della pioggia, riportando così i loro disegni ed un aspetto vivo”, Lin Youlin.

Il giardino del letterato cinese era il risultato di una naturalezza artificiale, nella sua complessità compositiva tutti gli elementi erano perfettamente in armonia tra loro sia in una visione poetica, paesaggistica, simbolica fatta di piccoli dettagli scenografici in cui punti di vista potevano essere diversi, sia fissi in cui il giardino poteva essere ammirato come un dipinto naturale da un interno. Come potevano essere mobili attraverso percorsi pedonali studiati tra le rocce e collinette artificiali.

Una particolare visione della natura in cui il sogno di uno spazio artistico conviveva con una la realtà naturale. Nei giardini venivano impiegate molte  piante nel loro interno (spesso con significati simbolici e augurali) per esempio  gli arbusti e i rampicanti,e tra  le specie più utilizzate c’erano le magnolie, il salice, il bambù , i ginepri , gli oleandri. Il pino era simbolo di saggezza ,rappresentava la longevità e la resistenza alle avversità. Il bambù era una pianta molto importante anticamente in Cina, spesso raffigurata nei dipinti simboleggiava la vecchiaia, essendo un sempreverde, e assumeva molteplici significati legati a varie leggende, era il simbolo della virtù, della saggezza allontana i demoni. Un detto cinese diceva che un pittore doveva diventare un bambù per poterlo dipingere.

In Cina nell’iconografia del mondo vegetale le quattro piante nobili erano considerate i fiori di susino, crisantemi, orchidee e bambù

I fiori furono introdotti nel giardino come elementi di pregio con significati simbolici e tra questi i fiori  di pesco, l’orchidea, il loto, la peonia e il crisantemo, erano componenti floreali che trovavano il massimo splendore sia nel giardino come nella pittura e anche in altre forme artistiche dell’arte cinese per il loro messaggio augurale

I padiglioni che costeggiavano i giardini e i laghetti potevano essere aperti o coperti da una tettoia, altri erano degli spazi aperti che si aprivano sul giardino, con le loro forme assumevano significati diversi secondo la loro pianta. La composizione architettonica era creata in contrasto tra grande e piccolo, lo spazio piccolo poteva essere un padiglione solitamente posto nei pressi di uno spazio grande, di un parco o di uno stagno e viceversa. La recinzione, invece, si otteneva inserendo nel giardino un elemento architettonico come il muro, nel quale però spesso erano presenti diverse aperture per mettere in comunicazione l’interno e esterno e creare un punto di vista scenografico sul parco con delle aperture insolite oppure finemente decorate in pietra. I giardini storici cinesi erano molto diversificati tra loro, per la forma, per la loro collocazione nel territorio per la loro importanza  e si  distinguevano in giardini imperiali,in quelli privati, in quelli dei monaci e in parchi panoramici.

I giardini imperiali avevano il compito di aggiungere splendore alla reggia di essere un punto di difesa dell’imperatore, un piccolo microcosmo che valorizzava la preziosità dell’interno, l’esempio è la Città Proibita. I giardini imperiali erano a nord della Cina, mentre quelli privati erano a sud e i più famosi si trovavano a sud di Shangai, a Suzhou nella provincia dello Jiannsu. Questa città è famosa per i suoi giardini,ponti e per le pagode ,piena di canali e si sviluppa lungo le sponde del Fiume Azzurro e sulle sponde del lago Taihu. Ha una tipologia  molto simile alla nostra Venezia, famosa anche per l’industria della seta e dei ricami.

A Suzhou i giardini storici sono molteplici e tra questi possiamo ricordare Il Giardino dell’Indugiare fu realizzato durante la dinastia Ming (1368-1644):

  1. Il giardino del Signore delle Reti realizzato durante la Dinastia Song (960-1279);
  2. Il giardino dell’Umile Amministratore costruito durante la Dinastia Ming (1368-1644).

Prendiamo per esempio per analizzarlo nella sua distribuzione interna: Il giardino del Signore delle Reti a Suzhou, così chiamato perché allude alla figura del Pescatore, cioè a colui che raggiunge con la sua pazienza e saggezza la capacità di distacco dalle preoccupazioni terrene.

Il giardino è composto da tre cortili, con il principale che si sviluppa intorno a un lago di forma quasi quadrata

Il camminamento intorno allo stagno conduce ad un padiglione esagonale prospiciente su di esso, chiamato padiglione della Luna che Sorge e del Vento che Scuote, un luogo estremamente scenico che si specchia nell’acqua. Mentre le altre due costruzioni, Lo Studio Guardando i Pini e Leggendo i Dipinti e lo Studio del Vuoto Raccolto, costituiscono la parte residenziale del giardino. Lo Studio del Vuoto Raccolto è una torre a due piani che si affaccia sul giardino, i nomi dei padiglioni sono poetici e alludono sempre a delle liriche. Dalla poesia le peonie sole sono lasciate fiorire nel vento della tarda primavera. Prende il nome lo Studio della Tarda Primavera”.

Il giardino del Signore delle Reti è stato riconosciuto come uno dei più belli tra i giardini cinesi, realizzato durante la dinastia Song è stato restaurato, riadattato successivamente è diventato famoso in Occidente  in quanto è stato preso come esempio per la realizzazione della sala Ming del Metropolintan Museum of Art di New York in cui è stato  ricostruito a grandezza naturale di uno dei cortili del Giardino del Signore delle Reti.

I monasteri e i templi e i padiglioni degli antenati venivano realizzati sui parchi naturali e con svariati punti panoramici, in cui veniva valorizzata la bellezza naturale e suggestiva del luogo. Le montagne erano considerate lo scheletro della terra, la parte verticale, forte, su cui si articolava una serie di strutture che davano vita al paesaggio,  erano ammirate e oggetto di particolare venerazione. Ogni montagna era sede di un Dio e l’antica credenza che gli spiriti dei defunti vivessero sulle montagne si mantenne a lungo. Le montagne, inoltre, ricoprivano lo stesso ruolo dell’imperatore che svolgeva nella società umana assicurando l’ordine cosmico e la stabilità terrena.


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