Non stupiscano, insomma, quella marzialità, o l’attaccamento alla Madre Russia che abbiamo veduto quest’oggi. È stato così a Mamaev Kurgan, o attraversando il Volga di notte, o asserragliati nella casa di Pavlov, nella fabbrica dei trattori, e così sul saliente di Kursk, quando tutto era ancora in bilico, e decenni prima “fra i baluardi della Crimea” sconfiggendo i bianchi. Si riguardi la carta di Spykman per capire la strategicità della Crimea, al pari di quelle porzioni di Finlandia, la Carelia e soprattutto la Penisola di Rybačij strappate nel 1939 per proteggere Leningrado e Arcangelo, ovvero il fu cuore della rotta di Pomor. La geografia è una costante e ci condanna. Insomma, questo spirito è l’essere persona solo in quanto parte del corpo della nazione. È lo spirito che rivedo nel vitale e tutto futurista Majakovskij che dileggia il “pagnottista” dalla “testa di sughero”, che esalta il “diluvio operaio” e la “lava delle rivoluzioni”, è il sentire “i contatori del cuore” che pulsano all’unisono, fondendosi, come “lava rossostellata”. È anche questo parte del pensarsi impero, con tutta la brutalità, l’appiattimento che ne segue.

Trump torna nel Regno Unito, ma le acque tra le due sponde dell’Atlantico sono parecchio più fredde che nel 2019. Il Tazebao del giorno
Il Tazebao – A pochi giorni dall’enorme manifestazione ultraconservatrice a Londra, le cui stime “meno ufficiali” accompagnate alle riprese girate