Trump ci riprova con il Venezuela: invia 4.000 marines, Maduro mobilita 4 milioni e mezzo di riservisti e miliziani. Ma l’uragano Erin e le pessime condizioni del naviglio piegano l’Invencible Armada MAGA. Il Tazebao del giorno

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Il Tazebao – Torna all’offensiva, Trump, in quello che da sempre gli americani considerano come “cortile di casa”: l’America Latina. Ma il mondo è cambiato e il tempo ha deteriorato anche gli stessi mezzi militari statunitensi che dovrebbero ricondurre “a più miti consigli” i Paesi più o meno vicini agli States. Se Messico e Brasile hanno già risposto a tono alla Casa Bianca, dichiarandosi uniti e disposti a difendere con ogni mezzo la propria sovranità, Washington ha deciso di riorientarsi verso il secondo suo peggior nemico dopo Cuba: la Repubblica Bolivariana del Venezuela. Ed è così che, con l’annoso e logoro pretesto di «combattere i cartelli della droga», cui ha aggiunto la vecchia solfa della «illegittimità del governo Maduro» e della presenza russa e iraniana nel Paese, che addirittura «fornisce passaporti falsi ma validi a Hezbollah», il Pentagono ha deciso per l’invio di navi da guerra verso le acque territoriali dell’ex colonia spagnola. Quattromila marines in tutto che però sono stati fermati e rispediti indietro nientepopodimeno che da fenomeni naturali e mezzi obsoleti, nella fattispecie l’uragano Erin e le bussole rotte delle navi stesse. Quella che pare essere una missione al momento abortita ha però suscitato le dovute reazioni a Caracas, col Presidente Maduro intervenuto pubblicamente per chiamare alle armi tutto il popolo, affinché sia pronto ad affrontare la resistenza improntata, come da sue dichiarazioni, all’esempio del Vietnam: 4.500.000 tra riservisti e miliziani sono stati così chiamati alle armi per la difesa del Paese, mostrando anche in ciò che il dominio delle armi non è più esclusiva degli Stati Uniti; uno scenario analogo a quello in corso nella penisola coreana, dove le Ulji Freedom Shield, condotte assieme alla Repubblica di Corea e con la partecipazione “defilata” di Regno Unito e Giappone, hanno messo sull’attenti la RPD di Corea, specie dopo i colpi sparati dal sud verso i soldati dell’Esercito Popolare che stavano rafforzando il confine meridionale. (JC)

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