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Si aggrava la crisi dell’artigianato in Toscana: dal 2012 al 2023 sono chiuse 3.500 botteghe. Il Tazebao del giorno

GERMOGLI PH 13 MARZO 2020 FIRENZE CENTRO STORICO DESERTO VIRUS CORONAVIRUS COVID 19 MASCHERINE NELLA FOTO TURISTI PIAZZA DELLA SIGNORIA UFFIZI
Copyright Fotocronache Germogli (2020)
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Il Tazebao – In Italia, e in parte anche nel mondo, la Toscana è sempre stata conosciuta come una roccaforte dell’artigianato, delle botteghe che affiancano e completano nella vita quotidiana del cittadino quella rete di piccole e medie imprese che ha trainato la vita economica di questa regione per decenni. Nulla è stato fatto per impedire che questo piccolo e bel mondo (al netto dei suoi limiti) finisse, e solo ora, come riporta Il Tirreno, non solo i toscani ma gli italiani tutti iniziano ad accorgersene: uno studio citato afferma che il 22% degli italiani si dice pronto a cambiar casa di fronte alla desertificazione dei propri quartieri. La Toscana possiede un primato poco onorevole in ciò: in undici anni sono chiuse 3.482 botteghe, di cui più di 1.000 soltanto a Firenze. Livorno, Pisa e Arezzo hanno avuto la flessione più alta, registrando un 43% di chiusure dal 2020 al 2023, di fronte a una tendenza nazionale “limitata” al 24% su tutto il decennio. Covid, dunque, ma anche “rivoluzione digitale” e soprattutto la politica, come sottolinea il presidente di Confcommercio Toscana, Aldo Cursano. Chiudono quindi attività nel settore dei carburanti (-40,7%), libri e giocattoli (-35,8%), mobili e ferramenta (-33,9%), abbigliamento (-25,5%); aprono invece, emblematicamente, farmacie (+12,4%) e negozi di telefonia (+11,8%). Il balzo più grande, manco a dirlo, lo registrano strutture ricettive (+42%), bar, ristoranti e alberghi (+2,3%: 9.084 nel 2023 contro gli 8.388 del 2012), per effetto della fattuale trasformazione delle nostre città in giganteschi parchi a tema al servizio del turista. Il che renderà gli abitanti di queste sfortunate città “ospiti a casa propria”. (JC)

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