Il Tazebao – Sabato l’ANSA ha celermente rilanciato un’intervista di Luciano Benetton al Corriere della Sera, in cui questi annuncia il suo addio all’impresa che creò quasi 60 anni fa coi suoi fratelli, Gilberto, Carlo e Giuliana. Il motivo principale è costituito dal buco, che egli quantifica in circa cento milioni di euro, lasciato dalla gestione manageriale e che questa, purtuttavia, minimizza. A tale cifra, in effetti, vanno aggiunti i disavanzi che dal 2013 a oggi sforano il miliardo di euro, il che costringe la tesoreria di famiglia (Edizione, gestita dal figlio di Benetton, Alessandro) a intervenire con 260 milioni di euro spalmati sui prossimi anni per sostenere il piano di riorganizzazione e rilancio dell’impresa, oltre ai 350 che già vi ha investito dal 2021, e che comporterà l’avvio dell’ennesimo “nuovo corso” dall’assemblea del 18 giugno prossimo. Nell’intervista, infatti, Benetton si è mostrato molto rammaricato contro i manager attualmente impiegati presso la sua azienda, accusandoli di non averlo consultato anche su scelte estremamente delicate (come i tagli del personale) e di aver mentito sui bilanci, sottolineando il divario generazionale nel momento in cui, egli dice, un tempo chi si assumeva una responsabilità la portava a termine e se non si confrontava con altri, ciò era indice di esperienza e sicurezza in quello che faceva. Oggi, invece, all’autoritarismo dei nuovi manager non si affiancano analoghe competenze: questo è il succo della sua riflessione. Un problema, purtroppo, non peculiare della sola Benetton, e che ha un peso particolare nella dismissione anche qualitativa del comparto sociale e produttivo del nostro Paese. (JC)
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