È pungente e preciso, tecnico ma anche divulgativo e sui social non disdegna di controbattere punto su punto a chi di nucleare proprio non vuol sentirne parlare. Ha il merito di aver aperto il dibattito sul tema da tempi non sospetti, fin dalle prime avvisaglie della crisi energetica, proponendo soluzioni. Fa le pulci a tutti i politici e non risparmia critiche nemmeno a quelli che, quanto meno per storia pregressa, gli sarebbero più affini, Letta e Calenda su tutti. Umberto Minopoli, Presidente dell’Associazione Italiana Nucleare e già presidente di Ansaldo Nucleare, fresco di stampa con “Nucleare. Ritorno al futuro” (Guerini e Associati), ha concesso a Nazione Futura una riflessione sul futuro dell’energia.
Dott. Minopoli, siamo sotto scacco.
“Siamo scacco ma non solo per colpa della Russia che usa in modo spregiudicato le armi a sua disposizione come il grano e il gas, ma soprattutto per colpa delle nostre scelte. Il nostro modello ha una evidente criticità strutturale: importazioni debordanti contro scarsa produzione interna. Con il gas d’importazione, ancora, generiamo circa la metà della corrente elettrica. Dico questo perché quando pensiamo al gas dobbiamo sapere che il suo uso si concentra principalmente nella generazione di corrente elettrica, in modo continuativo e stabile, che è fondamentale per un paese manifatturiero come l’Italia”.
Hai detto la parola magica: continuità.
“Sì, perché è quello il nostro vero problema adesso – trovare un’alternativa stabile migliore o per lo meno pari al gas – ed è il tallone d’Achille delle rinnovabili ovvero delle fonti che dovrebbero, secondo una certa narrazione, sostituire tutta l’energia elettrica prodotta dai fossili. Però è impossibile, dati i problemi di discontinuità, di accumulo, di adeguamento delle reti elettriche – tutte azioni che richiedono investimenti e tempo oltre ad altre importazioni, che ci renderebbero a loro volta dipendenti. Lavorano 1200 ore all’anno contro le 8000: troppo poco per noi! Per non parlare delle aree idonee che sono certamente già sature”.
Chi lo sostiene cita i casi dei paesi europei, per esempio.
“Faccio lo stesso anche io, allora. Tutti i paesi in Europa stanno, giustamente, rivedendo le proprie scelte energetiche, con l’obiettivo di ridurre la dipendenza verso l’estero e cercando di rendere la transizione ecologica più sostenibile socialmente”.
Come?
“Il Belgio ha annullato la decisione di chiudere due centrali nucleari, prolungandone l’attività per dieci anni ancora. L’Olanda si prepara alla costruzione di una seconda centrale. Persino la Germania che, tanto incautamente, aveva deciso di rinunciare al proprio nucleare allunga la vita della centrale nucleare di Isar in Baviera. Questi sono fatti. L’Europa ci ha indicato una strada realistica per abbandonare il gas sostituendolo con nucleare e rinnovabili, che insieme si compensano. Errare humanum est…”
Pure i Verdi ci ripensano?
“Dal 24 febbraio la Germania ha dovuto fare una vera e propria inversione a U. La sua politica, energetica ma non solo, si era basata sul gas d’importazione dalla Russia, sulla rinuncia a una politica di difesa e sulla dismissione delle centrali nucleari. Per compensare il nucleare si è lasciato credere che bastassero le rinnovabili ma la rete elettrica tedesca dipende dal vento del Nord Europa, che non sempre c’è, e dal sole del Sud, che non c’è quasi mai. Un disastro su tutta la linea, con effetti a caduta anche su tutta l’Europa”.
In Italia il problema è diverso: nemmeno ci sono le centrali.
“Purtroppo, no, anche se, per fortuna, un referendum può solo invalidare una legge, dando un chiaro segnale al Parlamento, ma non può mettere al bando una tecnologia, come i descamisados ambientalisti vorrebbero. Forse ignorano la Costituzione… Dico per fortuna perché la ricerca italiana prosegue speditamente, sia in Italia sia all’estero, penso al progetto italo-romeno del reattore Alfred o alle affascinanti sperimentazioni di ENEA al Bacino del Brasimone grazie alla start-up newcleo, che dà anche tanto lavoro a tecnici e scienziati. Siamo all’avanguardia nella ricerca sul nucleare in tutte le sue svariate applicazioni, perché non usarlo?”.
Cambiamo argomento ma non troppo. Non le sarà certamente sfuggita la polemica di Piombino contro il rigassificatore.
“È una polemica a suo modo incredibile e al tempo stesso italianissima. Incredibile perché i partiti che vanno in piazza, tutti insieme, a Roma, si sono detti più volte favorevoli alle misure necessarie contro la crisi energetica, come anche i rigassificatori. Tranne alcuni, quasi tutti i rappresentanti locali avversano il rigassificatore. Molto nimby e molto italiano. Il problema è la sostenibilità economica ed energetica di questa politica”.
Forse il nodo della questione è stato far credere alla popolazione di Piombino che, dopo le acciaierie, vero vanto del Paese, si sarebbe potuto puntare su un ‘modello green’, quasi senza lavorare, felicemente decrescendo.
“Bisogna intendersi su cosa sia green. Stante l’approvazione della tassonomia europea per gli investimenti, il gas è una risorsa-ponte per la transizione ecologica, una risorsa necessaria per lo meno nel breve periodo. La demagogia ambientalista non è più tollerabile. Il Paese ha bisogno di strategia e anche di scelte, come il rigassificatore di Piombino, come il termovalorizzatore di Roma, come la diversificazione degli approvvigionamenti di gas dall’estero, come le trivellazioni. Tutto questo ci permette di avere più strumenti d’azione”.
Tutti punti per il momento sospesi.
“C’è ancora troppa ambiguità nei posizionamenti dei partiti su questi temi cruciali. Auspico che l’energia sia il tema della campagna elettorale ma al momento leggo solo polemicucce e pochi impegni veri”.
Il populismo ambientalista è ben radicato in Italia, quindi, nonostante le egregie sperimentazioni e una rinnovata attenzione nel dibattito pubblico, temo sarà difficile in tempi realistici avere delle centrali. Nei mesi scorsi, in un’audizione alla Camera AIN ha fatto una proposta. Vuole spiegarla meglio?
“La produzione elettrica da nucleare è considerata dalla UE un asset strategico, donde i riposizionamenti che spiegavo in avvio di Belgio, Olanda e persino Germania. Per questo, il RePowerEU propone di elevare la quota prodotta di ulteriori 44 terawattora in 8 anni. In linea con ciò gli investimenti per nuove centrali ma soprattutto il prolungamento delle attività delle centrali in scadenza”.
Centrali come Krško in Slovenia?
“Esatto, è una di quelle. Si tratta di una centrale vicinissima a noi, alla quale hanno lavorato anche imprese italiane, dalla quale potremmo avere energia da dare primariamente ai nostri distretti produttivi energivori, con un accordo transfrontaliero”.
Sembrerebbe tutto perfetto: dov’è il problema?
“Sì, purtroppo su questa centrale si appuntano le critiche degli ‘ambientalisti’, con il Mite che gli è andato dietro, inopinatamente. In realtà si tratta di un impianto perfettamente funzionante, che rispetta tutti gli standard, sismici in primis”.
Cosa si sente di dire ai partiti e in particolar modo al Centrodestra.
“Che non c’è reale sovranità politica senza una capacità energetica autonoma e che per ottenerla occorrono non dico sacrifici – perché il TAP non ha fatto danni né li farebbe un termovalorizzatore a Roma – ma scelte, coerenti e chiare. Politiche. Il mondo prima del 24 febbraio è finito e non tornerà, al netto di come evolva il conflitto. A noi la scelta di tutelare il nostro tessuto economico e sociale, il nostro modello di vita e di benessere”.
Intervista a Umberto Minopoli a cura di Lorenzo Somigli per il numero 18 di Nazione Futura “Verso un Centrodestra di governo”.