Nonostante un Natale in sordina e una crisi che morde tutti, quello che ci accingiamo a vivere insieme è un momento di pausa, di raccoglimento, di affetti e di dolcezza. Non sia una scusa per smettere di pensare. Momenti topici ci attendono e dobbiamo continuare così.
Il Tazebao – Adesso, a quattro anni di distanza, appare sempre più chiaro il motivo per il quale abbiamo riesumato l’espressione Mundus furiosus. Era in uso nel tardo Cinquecento ed erano anni tumultiosi quelli che i cronisti del tempo si trovavano a vivere, a tentare di afferrare, a tramandare, con il colpo d’ascia che la sintesi impone, per far risaltare ciò che veramente merita. Il senso profondo della storia che ci attraversa.
In questo anno turbolento, come ogni anno “di transizione”, si è assistito a una evoluzione degli equilibri mondiali, in preparazione a un salto di qualità nello scontro per l’egemonia.
Più che lanciare previsioni, adesso, è opportuno ricordare i tratti salienti del 2024. Sono cambiate maggioranze, sono cambiati rapporti di forze, stanno scomparendo figure politiche, altre riemergono, altre ancora sono finalmente pronte.
In Europa, si avvia a conclusione la goffa epopea di Macron, sotto la cui guida la Francia è, da un lato, arretrata profondamente in Africa e, dall’altro, ha tentato di proiettarsi sulla penisola italiana, cioè sul Mediterraneo, con il Trattato Eliseo-Quirinale di tre anni fa, in funzione, principalmente, anti-turca. Tuttavia, Meloni sembra essersi costruita un rapporto più diretto con Washington, funzionale alla strategia yankee ma con qualche margine di autonomia in più. Ma Comau, fondamentale per la robotica, e Telecom non torneranno italiane.
Se Parigi piange, Roma perde pezzi, a Berlino grandina. Il tumultuoso sviluppo economico tedesco si reggeva su basi fragili, gassose, oltreché sulla svalutazione dei contratti di lavoro figlia delle riforme Hartz. Cova un pessimo avvenire per l’Europa violentemente staccata dalla Russia, mentre i trumpismi maturano sotto la cenere di quel che resta di parlamenti e governi, un tempo “trasparenti” e “stabili”. Se con la Russia sarà pace, anche una tregua armata, saranno le varie Le Pen e Weidel a subentrare al comando; da capire se Meloni saprà incorporare anche questa scelta yankee.
Londra tende ad apparire poco nelle analisi degli analisti nostrani che non vedono oltre il proprio naso, ma, dall’altra parte della Manica, si è chiuso il cruciale decennio con i conservatori alla guida, culminato con la Brexit, per governare meglio l’Europa staccandosene, poco prima dell’operazione “Corona”. Tattica tipicamente anglosassone quella di cambiare segno agli esecutivi sia per creare scompiglio nel campo avversario sia per alternare il nemico da combattere. Se i conservatori, trionfanti proprio nel 2019, sono stati ferocemente anti-russi, i laburisti sposteranno il focus sulla Cina.
Il rapido scioglimento della Siria manda, definitivamente, in archivio i confini Sykes-Picot e completa, con una transizione “di velluto”, l’operazione delle primavere arabe, primo grande affondo al quadrante mediterraneo (anche per questo cadde Berlusconi). Il nuovo conflitto mondiale detterà nuovi equilibri e nuovi confini ed è perfettamente normale che i precedenti vengano cancellati.
Proprio quest’anno, infatti, si è assistito a un ritorno in gran stile della Turchia, pur tallonata internamente da terrorismo e inflazione, che si riaffaccia nel vespaio mediorientale: oltre 100 anni dopo i turchi tornano a Damasco. Naturalmente, Erdoğan dovrà usare tutte le sue armi, diplomatiche e non, per evitare un conflitto più ampio con Israele, Russia, Iran. Contro la Russia, la Turchia è, a tutti gli effetti, impiegata in Ucraina; in precedenza, lo era stata in Armenia.
Già, l’Iran: sembrano lontani i tempi in cui incuteva tanta paura, alla guida del fantomatico “asse della resistenza”. In pochissimo, l’Iran ha perso le sue propaggini mediorientali e il suo affaccio sul Mediterraneo.
Non stupisce che tutto si concentri nella faglia critica, quella correttamente identificata dagli strateghi anglosassoni, detta del Rimland, tra l’acqua e il cuore della terra.
A proposito di Russia. Il cuore della terra è sotto assedio, dall’Artico alla Siria. Sarà sempre peggio. L’obiettivo è tentare di portare la Russia dalla parte americana: una sorta di riproposizione di quanto avvenuto dopo la disastrosa guerra russo-giapponese. Contrario, as usual, agli interessi russi e ai sentimenti del suo popolo. È pur vero che la folle campagna di Napoleone culminò con l’ingresso a Parigi dello zar e l’aggressione del folle imbianchino autriaco culminò con la bandiera rossa a Berlino. È anche vero che Mosca ha perso terreno rispetto al 1989: paesi che prima le gravitavano intorno sono stati cooptati nel campo “occidentale”, anche a basso prezzo; in altri, come nel caso dei baltici, sono stati infusi nazionalismi e coscienze nazionali smaccatamente anti-russe.
E l’Italia? La nostra Italietta? Intanto, sarà un inverno rovente, ma non per il clima: le bollette raggiungeranno il massimo storico; le imprese non tirano più e si fermano, come a Fabriano; le famiglie tagliano ma non basta mai. Ci sarebbe, in tutto questo, poco da festeggiare ma l’Italia è anche la nazione dove la dissidenza è più diffusa. Dovrà fare un salto di qualità per introdurre, reintrodurre, l’antagonismo.
Per chiudere, uno sguardo alla nostra comunità. In questo anno di transizione siamo cresciuti e ci siamo consolidati, come mai prima d’ora. Sono aumentate le penne, altri autori hanno fatto un salto di qualità: non servono solisti, né contenuti autoreferenziali, ma persone che crescono insieme. Abbiamo fatto molti eventi e curato libri. Abbiamo rilanciato un’idea socialista che va oltre la celebrazione del passato, per cogliere i problemi del nostro contemporaneo: la salute, la casa, il lavoro, l’istruzione come mezzo che spezza la riproduzione dei rapporti sociali e delle disuguaglianze. Certi che sarà sempre peggio, abbiamo scelto la strada dell’organizzazione. Ci attende una lunga e difficile marcia, mesi duri, fame, ma Il Tazebao non farà un passo indietro. Il futuro è quello che costruiamo oggi.
Il direttore