Napoleone e la simbologia imperiale e scientifica

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Le api in oro e le aquile dorate furono i simboli costantemente  presenti nella vita dell’imperatore, una scelta con riferimenti storici culturali allegorici greco-romani a cui Napoleone faceva sempre riferimento.

Il 18 maggio 1804 Napoleone viene proclamato imperatore dei francesi e il 10 luglio il consiglio di Stato stabilì: “il sigillo dell’impero rappresenterà un leone dormiente d’oro in campo azzurro”, ma prima di porre la firma Bonaparte dichiarò a voce la sua scelta “un’aquila ad ali spiegate”.

L’aquila, un simbolo che trae origine dall’Antichità

Ai reggimenti con una cerimonia ufficiale e solenne il simbolo delle aquile venne consegnato il 5 dicembre 1804, furono così sostituite le vecchie bandiere della rivoluzione con le nuove, dove sul campo bianco il simbolo dell’aquila alata in oro veniva esaltata nella sua regalità.

Le aquile dorate napoleoniche ad ali spiegate sulle bandiere,  ricordavano i fasti delle legioni romane, avevano sostituito quelle della monarchia il cui simbolo era il giglio, sventolavano sulle insegne del reggimento prima della battaglia tra il rumore degli zoccoli dei cavalli, delle grida dei soldati, quasi a rafforzare il loro potere feroce e all’incitazione per l’attacco.

Furono realizzate 560 esemplari di aquile dorate in bronzo con il becco aperto e con la lingua in evidenza, dallo scultore dell’impero Caudet ed eseguite dal fonditore Thomire. Nel 1805 Napoleone, consegnò le aquile ai reparti della Guardia Reale Italiana, tale simbolo vene anche adottato all’esercito del regno italico e fabbricate dalla fonderia milanese Francesconi, con la testa lievemente diversa rispetto alla precedente e gli artigli rivolti in avanti.

L’aquila simbolo alchemico che in Francia trovò tutta la sua affermazione non poteva che essere scelta da Napoleone Bonaparte come simbolo dell’impero che stava per nascere .

L’aquila simbolo dell’esaltazione dell’io, dell’istinto di potere, dell’esaltazione del senso del proprio valore, del potere imperiale poteva anche essere considerata l’allegoria dell’imperatore, dato che le sue caratteristiche erano perfettamente simili al carattere di Napoleone

L’aquila è un uccello rapace, vola libera nel cielo è capace di innalzarsi al di sopra delle nuvole e quando si espone al sole e le sue piume cominciano a bruciare, così si getta in un acqua pura e ritrova una nuova giovinezza. Un gesto che è paragonabile all’iniziazione e all’alchimia che prevedono il passaggio attraverso l’acqua e fuoco, mentre il  volo di discesa rappresenta la discesa della luce sulla terra

La scelta dell’emblema dell’aquila era ricaduta anche sui re etruschi, che la esibivano sullo scettro di comando, nella cultura romana e greca invece il saper leggere il suo  volo aveva il valore interpretativo dell’oracolo degli dei. Dai tempi dell’antica Roma essa era esibita in battaglia, Cesare nei commentari libro IV. 25 affermava: “affrettatevi camerati se non volete abbandonare l’aquila al vostro nemici”.

Per ricordare i fasti delle legioni romane, il comandate Charle Seriziat  l’11 settembre 1791 prese l’iniziativa di radunare  il primo reggimento di volontari Rhone et Loire  davanti alla cattedrale di Lione per la benedizione della bandiera dove era posta per la prima volta un’aquila dorata ad ali spiegate.

L’aquila sorante (che sta spiccando il volo) napoleonica non si fermò solo sui campi di battaglia, ma volò (in senso figurato) sugli ornamenti esteriori dello scudo, sulle tabacchiere, ssulle medaglie della zecca di Parigi, ma anche sugli ottoni come decorazione raffinata dei mobili, mentre sui tessuti risplendeva l’emblema delle api in oro, la sola N di Napoleone Imperatore chiusa in una corona d’alloro, apparve sui troni, sedie come affermazione di potere.

L’ideale estetico dell’arte dell’impero napoleonico si identificava con quello etico e politico ai modelli della Grecia e di Roma . Il concetto del bello si tradusse nella semplicità delle forme e coincise anche con il concetto di buono, conforme al vero, alla natura oltre che alla ragione e si tradusse nella purezza nel contorno lineare delle forme.

Le api

Napoleone il 2 dicembre del 1804 si fece incoronare imperatore di Francia nella cattedrale di Notre Dame e si fece appuntare sul suo manto e quello di Giuseppina sua moglie delle api d’oro, come segno di continuità regale che si riallacciava all’antica tradizione Francese.

L’ape è un simbolo di rigenerazione alchemica del ciclo eterno della vita e della morte, data la sua capacità di scomparire in inverno e di ricomparire in primavera. Al suo lavoro di operosità è attribuito un grande valore esoterico, anticamente il miele serviva per l’ambrosia sacra ai greci e ai celti. La caratteristica di questo insetto è di costruire alveari modulari con cellette di forma esagonale. L’esagono esalta l’armonia divina della natura, è il  risultato dall’intersezione di due triangoli equilateri. La coppia dei triangoli sono il principio della dualità, del femminile e maschile, del giorno e della notte, dello in e yang cinese, che formano la totalità del cosmo, gli archetipi universali della lama e del calice, rappresentati da una mano chiusa e una aperta, la forma che li ha ispirati è sempre il triangolo, come il cerchio e il quadrato che si trovano in natura, sono simboli primordiali, e che ricordano il simbolo massonico della squadra e del compasso, nella sua forma semplicistica, come nella sovrapposizione e intersezione della lama e del calice.

Forse  Napoleone volutamente scelse questo simbolo esoterico. Lui aveva dei legami con la massoneria, come lo aveva tutta la sua  famiglia. Nel 1798 durante la sua campagna in Egitto portò al suo seguito oltre all’esercito anche esperti di vari settori, come chimici, geologi, pittori, archeologi naturalisti, disegnatori, circa 165 scienziati facevano parte della Commissione delle Scienze e delle Arti al seguito dell’armata che il 16 maggio 1798 salpò da Tolone per l’Egitto – quasi duecento navi e tremila uomini tra soldati e marinai Napoleone era imbarcato su L’Orient – nella missione c’erano anche scienziati di appartenenza massonica e in quel contesto sembra che Bonaparte   sia stato iniziato in una loggia militare francese di stampo copto-egizio.

Nella campagna in Egitto fu predisposta una commissione di egittologi, composta da Dominique Vivant Denon e da giovani studiosi provenienti dalle migliori scuole scientifiche francesi con il compito di analizzare tutto quello che trovavano e di realizzare “Il grande inventario della valle del Nilo”, essi produssero un’incredibile mole di lavori e scoprirono la stele di Rosetta che svelò il segreto dei gerogrifici.

In quella missione c’era anche Jean Baptiste Joseph Fourier, fisico e matematico, famoso per la sua legge sulla conduzione del calore , scrisse sulle motivazioni che spinsero Napoleone alla sua missione in Egitto:

“Egli era consapevole dell’influenza che questo evento, la conquista dell’Egitto,avrebbe avuto sui rapporti dell’Europa con L’Oriente e con l’interno dell’Africa, oltre che sugli affari marittimi nel Mediterraneo e sul futuro dell’Asia. Si diede l’obiettivo di abolire la tirannia dei Mamelucchi di estendere l’irrigazione e l’agricoltura di istituire commerci regolari tra Mediterraneo e Mar Arabico, di favorire le imprese commerciali, di  fornire all’Oriente utili esempi dell’industria europea, e infine di migliorare le condizioni di vita degli abitanti e di procurare loro tutti i vantaggi di una civiltà più avanzata. Questi obiettivi non sarebbero stati raggiungibili senza la continua applicazione della scienza”.

Napoleone matematico

Ci viene da chiederci quale fosse il vero volto dell’imperatore, se un valoroso combattente o un matematico innamorato della geometria?

Napoleone era amico di matematici e scienziati  tra questi Fourier, Monge e Berthollet ( che parteciparono alla campagna d’ Egitto), e in loro compagnia si intratteneva in profonde discussioni, presi dal fascino della cultura egiziana e di come anticamente in Egitto avessero potuto giocare con la matematica e la geometria per trovare delle soluzioni in una architettura armoniosa e unica fatta di segreti geometrici.

Napoleone era preso dallo studio del codice matematico che utilizzava nelle strategie geometriche di battaglia con le quali riusciva a rompere gli schemi degli eserciti legati a manovre ripetitive prevedibili e noiose, famosi sono  i suoi accerchiamenti e le sue azioni rapide. La realizzazione del suo impero era fatto da un sogno geometrico-matematico, le battaglie erano la prova delle sue teorie e la loro dimostrazione. Per intraprendere il corretto combattimento aveva seguito lo studio delle  leggi che riguardavano la traiettoria dei  proiettili con l’applicazione delle teorie della gravitazione e delle  leggi della dinamica di Newton, Bonaparte sapeva regolare perfettamente la direzione dei cannoni che li portava e a centrare l’obiettivo prescelto.

Sotto il suo regno la Francia divenne la potenza scientifica più importante del mondo, risultato di una politica adeguata in cui il talento e merito di studiosi, di scienziati veniva valorizzato dal ruolo sociale politico concesso loro dall’imperatore. Napoleone fondò delle importanti scuole tecniche quali l’Ecole Normale e l’Ecole Polytechnique, scuole dove i migliori professori matematici del tempo tenevano lezione e tra questi ricordiamo Lagrange, Laplace, Monge che contribuirono alla diffusione della materia. Le vecchie accademie andarono incontro a radicali riforme, per esempio il Jardin du Roy si trasformò nel Muséum d’Historie Natulle che è stato uno dei principali luoghi di ricerca biologica nel mondo. L’imperatore divenne membro della sezione di matematica dell’Istituto de France e proprio in questo istituto, nel 1801 Alessandro Volta presentò a Napoleone la pila inventata da lui nel 1799. Successivamente Volta fu nominato da Napoleone senatore e conte del Regno d’Italia. La Lombardia era diventata parte della zona d’influenza francese con la Repubblica Cisalpina nel 1796 mentre nel 1805 entra a fare parte del Regno d’Italia e beneficia delle riforme attuate da Napoleone con la promulgazione del codice civile 1804, con la soppressione dei privilegi nobiliari, uguaglianza dei cittadini davanti alla legge, tutela della libertà personale e del diritto di proprietà introduzione del matrimonio civile e del divorzio.

Nel 1796 durante la campagna in Italia  Bonaparte ebbe occasione d’incontrare il matematico italiano e sacerdote Lorenzo Mascheroni, professore universitario di algebra all’università di Pavia, a seguito dello studio su un trattato di scienza delle costruzioni Nuove ricerche sull’equilibrio delle volte” divenne docente nel 1786. L’intento di Mascheroni non era solo matematico, ma era di fornire agli ingegneri e fisici una tecnica per costruire strumenti di misura di alta precisione per i loro lavori. A seguito dei suoi studi ebbe numerosi incarichi fu a capo dell’Accademia Pavese degli Affidati, nominato Accademico all’Università di Padova, membro delle Scienze e membro dell’Accademia Reale di Mantova, inoltre ebbe anche una breve attività politica, fu eletto deputato della Repubblica Cisalpina. Con questi versi Mascheroni dedicò il suo libro Geometria del compasso a Napoleone Bonaparte che era un suo grande ammiratore e con il quale condivise la passione della matematica, con lui ebbe una felice intesa intellettuale per la e messa a punto di vari teoremi, che spesso portarono il nome di Napoleone.

Io pur vidi coll’invitta mano,
Che parte i regni e a Vienna intimò pace
Meco divider con attento guardo
il curvo giro del fedel compasso

La naturale attitudine di Napoleone per la matematica fu messa in evidenza dai suoi stessi insegnati che riconobbero in lui un allievo modello e il suo biografo Felix Markham scrive: “l’ispettore scolastico scrisse che l’attitudine di Napoleone per la matematica lo rendeva adatto alla marina, ma alla fine si decise che avrebbe dovuto tentare l’ingresso all’artiglieria, dove l’avanzamento per merito e abilità matematica era più aperto”. Frequentò la scuola militare di Parigi e fu ammesso proprio per le sue attitudini scientifiche.

Il nome dell’imperatore è legato anche a dei risultati pratici di teoremi di geometria che portano il suo nome. Il problema di Napoleone è il teorema che con la sua applicazione si può trovare: “con il solo compasso il centro, che si suppone non noto. di un cerchio dato” sembra che la sua paternità sia legata anche al matematico di Mascheroni molto vicino all’imperatore e con lui pose le prime basi della geometria proiettiva.

Il teorema di Napoleone, la cui intuizione sembra che si possa attribuire proprio all’imperatore, e sembra che lui stesso lo abbia proposto a Joseph -Louis Lagrange per lo studio della sua dimostrazione  e che sia stato pubblicato nel 1825, è un teorema di geometria del triangolo che afferma quanto segue:

“I baricentri dei triangoli equilateri, costruiti tutti esternamente o tutti internamente sui lati di un triangolo qualsiasi, formano un triangolo equilatero”.

Questo teorema di Napoleone trova attualmente alcune applicazioni pratiche. Ne cito alcune come:

  • Tracciare la strada per unire dei gasdotti.
  • Instradamento delle condotte idriche o di riscaldamento.
  • Il teorema può trovare anche delle applicazioni nelle tassellature per ricoprire un piano, con figure geometriche senza sovrapposizione.

Il teorema di Napoleone porta alla determinazione di un punto centrale detto di Torricelli-Fermat, è  il teorema che rende minima la somma delle distanze dai tre vertici di un triangolo qualsiasi. Era considerato il punto strategico di Napoleone in campo di battaglia era il riferimento di tutte le sue azioni sia per fare partire gli ordini che per ricevere missive.

Napoleone con le sue soluzioni pratiche, le sue intuizioni e realizzazioni, è attuale  non solo per i teoremi di geometria, ma anche per il suo Codice detto napoleonico che è il codice civile attualmente in vigore in Francia, e che è stato preso come modello in molte parti del mondo.

Mito e Leggenda ormai fanno parte della figura di Napoleone e a duecento anni dalla sua morte ancora alimentano la fantasia popolare che lo ha studiato ed esaminato in ogni  aspetto della sua vita. È stato ritratto sia in pittura che in scultura in varie pose da artisti importanti dell’impero,per storicizzare gli avvenimenti salienti della sua vita e della sua ascesa al potere.

Raffigurato da Jacques Louis David  in posa ufficiale nel 1812, che lo ritrae a grandezza naturale, in uniforme da ufficiale dei granatieri a piedi, in divisa blu foderata di bianco, con le decorazioni imperiali della Legion d’Onore e dell’Ordine della Corona Ferrea nel suo studio alle Tuileries, la figura è dipinta di tre quarti, con una mano nascosta nel suo panciotto, gesto che potrebbe essere interpretato sia come comunemente si crede per contenere il dolore di una malattia allo stomaco, sia come posa di circostanza di moda a quell’epoca? Possiamo individuare però in quel gesto anche l’appartenenza massonica che permette il riconoscimento, un silenzioso messaggio come membro di  Royal Arch, 13° grado del Rito Scozzese o 7 Rito di York, Mason of the Secret. Un alto grado Grado per conoscere le grandi verità massoniche.

Non fu casuale che a Firenze un massone di origini inglesi, Federick  Stibbert acquistò dalla dismissione della villa dei Demidoff di San Donato, il mantello di Napoleone, quando fu incornato con molto sfarzo a Milan , nel Duomo Re d’Italia il 26 maggio 1805.

Il mantello di Bonaparte è di velluto verde sul  bordo possiamo individuare i suoi soggetti preferiti: le api dorate ricamate ,simbolo dell’operosità e le spighe di grano sempre ricamate simbolo della prosperità. Non è un caso che adesso, quel mantello completo di gilet, pantaloni e calze bianche si possa ammirare in mostra nella casa museo di Stibbert proprio a Firenze, dato che Napoleone aveva origini toscane. L’abitazione di Frederick si trovava a circa un chilometro in linea d’aria sulla collina di Montughi da quella di Luigi Bonaparte, fratello minore di Napoleone e padre di Napoloene III, ultimo monarca francese, e sicuramente quest’ultimo sarà stato oggetto di racconti d’infanzia di Frederick. Nel museo possiamo ammirare tra il vario materiale da collezione, il decreto autografo dell’imperatore di concessione di un nuovo stemma per la città di Firenze del 1811, oltre ad altri cimeli e quadri della famiglia Bonaparte. Mi piace immaginare che Frederick Stibbert raccogliendo tra le mani quel mantello verde non abbia resistito alla tentazione di appoggiarlo sulle sue spalle e  guardandosi allo specchio abbia sentito per magia l’applauso della folla a Napoleone “Viva il Re d’Italia”.


A nome di tutta la redazione de Il Tazebao un sentito ringraziamento a Maria Chiara Donnini, Vicepresidente dell’Associazione Amici del Museo Stibbert, per questo interessante excursus su una delle figure più centrali della nostra storia.


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