Il Tazebao – Nella più recente offensiva simbolica della geopolitica digitale, il Congresso americano ha tirato fuori la matita rossa: basta intelligenze artificiali costruite da mani nemiche nei server delle istituzioni federali. Non importa quanto siano sofisticate, efficienti o economiche. Sono figlie del nemico.
Il pretesto ha un nome già noto per i lettori del Tazebao del giorno – DeepSeek – una piattaforma di IA sviluppata in Cina, capace di eguagliare, se non superare, le performance dei colossi occidentali come OpenAI o Google. Ma nel lessico politico americano, DeepSeek è un cavallo di troia del Partito Comunista Cinese. Il congresso, con un fare che odora di Guerra Fredda, ha così elaborato una proposta di legge che nega alle agenzie federali l’uso di qualsiasi sistema IA prodotto da “potenze ostili” – Cina, certo, ma anche Russia, Iran, Corea del Nord. Si va oltre la paura di backdoor o che queste IA facilitino infiltrazioni, il dibattito si incentra sulla natura delle IA sviluppate all’estero: ogni tecnologia porta il marchio ideologico del paese che l’ha generata. E non si può delegare il funzionamento della macchina statale americana a un’intelligenza allevata sotto un sistema di valori diverso dal proprio.
Oltre lo spionaggio, benché il sospetto aleggi ovunque, è la filosofia stessa dell’algoritmo a essere posta sotto accusa. Le Intelligenze Artificiali non si programmano: si addestrano ed emergono come entità agentiche dalla matassa di dati usata per generarle. Tendono per questo a portare l’imprinting culturale dei dati usati per costruirle, e la democrazia americana pretende IA che rispettino la sua cultura, che siano “fedeli” ai suoi principi. Da qui l’introduzione di una lista nera aggiornata ogni 180 giorni, gestita dal governo per selezionare e vietare.
E mentre si annuncia l’ennesimo bando, emergono altri dettagli: esportazioni di chip avanzati di Nvidia aggirano le sanzioni e sfuggono ai radar della burocrazia attraversando il Pacifico. Il timore è quello di una collaborazione tra DeepSeek e le forze armate cinesi. È chiaro che l’IA non è un campo di contesa solo per essa in quanto strumento, è un terreno simbolico a cui espandere la lotta tra modelli di mondo. Se un tempo si confrontavano le Costituzioni, oggi si scontrano i dataset. Ma l’ansia che traspare dal legislatore americano tradisce qualcosa di più profondo: la consapevolezza che, forse, la Cina non stia solo rincorrendo. Si era già visto con le nuove portaerei: il Regno di mezzo ha raggiunto l’indipendenza tecnica e innova, detta nuova regole e sviluppa avanzamenti domesticamente, l’America teme di dover rispondere invece di comandare. Così il cerchio si chiude, e quell’America che ha sempre ridicolizzato le grandi muraglie digitali, ne erge di proprie. Il rischio è quello di scoprire non tanto un modello di mondo differente dal proprio, ma uno che funzioni meglio, eventualità che – si sa – l’America non si è mai preparata ad accettare.