L’Occhio del Falco: “È tramontata ogni finzione di imparzialità”

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Il Tazebao – La recente escalation tra Israele e Iran ha messo a nudo con dolorosa chiarezza ciò che era da tempo intuibile: la politica occidentale è in caduta libera verso l’irrilevanza morale e strategica. Osservando l’attacco israeliano, il silenzio diplomatico europeo e la conseguente risposta, rigorosa e composta, dell’Iran, si osserva una verità difficile da ignorare: l’Occidente è guidato da figure che non decidono, che non possono decidere, e che recitano parti scritte altrove.

Le promesse di Trump, sbandierate con il consueto spettacolo di mediocrità hollywoodiana, si sono infrante come vetro contro la realtà politica internazionale. Non c’è spazio per ingenuità: il presidente americano, che ha fatto della sua goffaggine una cifra stilistica, non ha mai avuto possibilità reali di cambiare direzione, essendo solo l’ennesimo occupante di un palcoscenico che da tempo è fuori il controllo della politica stricto sensu. L’America profonda, desiderosa di una politica estera meno invasiva, ha assistito impotente al declino dei suoi desideri di pace. I vertici iraniani, al contrario, mostrano oggi una dignità strategica rara e in controtendenza rispetto alla volatilità occidentale. In mezzo a una tempesta orchestrata da chi insiste a muovere il mondo, le nazioni e i popoli come se fossero pedine di un gioco il cui premio è il trono di Persepoli, il governo di Teheran ha reagito con fermezza e misura, evitando provocazioni gratuite e mostrandosi attore credibile e responsabile.

L’Europa, nel frattempo, ostinata nell’illusione di importanza e autonomia, continua una politica suicida verso la Russia, mostrando una persistenza patologica nel rilanciare ogni volta che perde terreno. Questa dinamica, evidente anche nel caso israelo-iraniano, dimostra che i governanti occidentali agiscono non per il bene dei loro popoli, ma per logiche oscure e lontane, fissate altrove, dove il potere si esercita senza responsabilità e senza rischi. La crisi di credibilità che affligge l’Occidente non è innocua: il mondo esterno al giardino occidentale, dall’Iran alla Russia, passando per la Cina, ne trae conclusioni logiche e pragmatiche. Ogni promessa occidentale è ormai letta con sospetto, le trattative appaiono come prive di valore sostanziale. La perdita di fiducia nei confronti dei vertici occidentali lascia inevitabilmente spazio ad altre forme di dialogo, più dure e immediate.

Le relazioni internazionali della recente storia si sono basate su una presunta neutralità di norme e regole universalmente valide, una neutralità che tuttavia non ha mai escluso il cinismo realistico della politica: ciò che per alcuni erano terroristi, per altri erano combattenti per la libertà, e chi tagliava le gole su una testata giornalistica diventava un ribelle moderato su un’altra. Tuttavia, il silenzio diplomatico imposto all’Iran da parte dell’Occidente, rotto solo da figure come Von der Leyen e Kallas per chiedere a Teheran di subire senza reagire, rivela un fatto inequivocabilmente drammatico: è tramontata ogni finzione di imparzialità. Non c’è più neppure il pudore di criticare formalmente le violazioni del diritto internazionale quando a compierle è il proprio schieramento, né il timido appello alla pace pronunciato con generico distacco. Siamo entrati in un tempo in cui la partigianeria si dichiara apertamente, in cui ciascuno rivendica apertamente una propria eccezionalità, giustificando apertamente ciò che condanna negli altri. È forse questo il dato più inquietante che emerge dal nuovo assetto globale delineatosi.

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