A quattro anni dalla sua fondazione, Il Tazebao lancia un Manifesto per un’Italia libera, socialista, cioè grande
È tempo di un passo avanti. Guardiamoci indietro: l’Italia è stata grande quando è stata socialista. E il socialismo ci ha dato grandi uomini e grandi storie, che custodiamo. Oggi dobbiamo ripartire da qui: dai fatti per come sono. L’Italia, la nostra amata Nazione, vive uno dei momenti più tragici e più avvilenti della sua trimillenaria storia, ma le radici non seccano e il socialismo è italico.
Senza socialismo l’Italia muore. La nostra Nazione ha oggi un esercito con un’età media che non lo rende in grado di difendere l’interesse nazionale nella guerra per l’egemonia mondiale in corso, ha un sistema produttivo straordinario ma quasi fermo, le famiglie sottoposte allo stillicidio mensile delle bollette, i risparmi sotto attacco, una crisi abitativa senza precedenti, veleni nell’acqua e nella terra che uccidono, presunti valori che sono in realtà disvalori, il Male che si vende come Bene. Si sta completando un processo di concentrazione della ricchezza, degli immobili e della terra, che ha precedenti solo nei secoli antecedenti, cancellando decenni di lotte sindacali e politiche e di riforme. È un assedio senza precedenti, che richiede una risposta politica all’altezza. Il Socialismo non è fatto per stare in soffitta!
Una storia grande e bella: la nostra. Quella socialista è una grande storia, che deve proseguire guardando alle sfide del contemporaneo, con nuovi metodi di lotta e di condivisione, ma la lucidità di sempre. Vogliamo ricordare l’avanguardia, i pionieri che hanno scritto e lottato contro la repressione, aperto riviste e sedi e cooperative (qualcuna resiste ancora), che hanno fatto comizi con masse vere, attente e partecipi, che si sono aiutati l’un l’altro con i pochi frutti di una vita grama, che allora non era ancora meritevole di essere vissuta; loro hanno speso di tasca propria per diffondere e tramandare un’idea bella e giusta: la nostra. C’è stata, poi, un’Italia a forte trazione socialista anche nel Ventennio, dimenticarlo sarebbe più ridicolo che sciocco, quando le masse sono entrate per la prima volta nella storia, donde la creazione di grandi industrie di Stato e i primi provvedimenti sociali per le masse popolari. E poi c’è quell’Italia, prima dell’infamante trentennio che sta per chiudersi, che è stata autenticamente socialista, un’Italia capace di tenere insieme il policentrismo della sua Civiltà antica e la corsa verso la Modernità, l’emersione di nuovi ceti sociali, senza cancellare le radici, identità e benessere.
Socialismo è progresso. Non si diventa, come siamo stati, quinta potenza mondiale a caso, superando un’Inghilterra già post-industriale, non lo si tornerà mai vivacchiando di turismo, senza grandi industrie (magari tirando pure giù le ciminiere), senza uno Stato attivo e partecipe in economia, con dirigenti capaci e non voraci. E il Socialismo, dalle prime battaglie parlamentari alle grandi riforme della seconda metà del Novecento, ha significato, in tutte le sue fasi, elevazione materiale e spirituale della nostra Nazione.
Un’Italia così non va più bene. Lo gridiamo forte, lo scriviamo in modo inequivocabile. Proprio per questo abbiamo scelto di impegnarci e di lanciare il nuovo Manifesto, è possibile firmarlo da adesso e si concluderà in occasione del venticinquesimo anniversario dalla scomparsa di Bettino Craxi, il grande statista socialista che ha sempre difeso l’interesse della Nazione. Indispensabile il supporto di un comitato d’onore composto da persone che hanno lasciato una traccia, dando voce a chi non ha voce, creando posti di lavoro come fonte di emancipazione, difendendo il valore della vita e della dignità umana, lottando – contro tutto e tutti – per l’indipendenza dei popoli, perché i popoli esistono – e resistono – anche se sono poveri, soli, disarmati, bombardati. Gaza non è lontana e Baalbek, nella valle della Bekaa, conserva templi romani stupefacenti, tracce dell’irraggiamento di una straordinaria Civiltà, che noi non dimentichiamo.
Siamo socialisti italici. Siamo troppo giovani e non abbiamo visto l’Italia socialista, ma proprio perché siamo socialisti la vogliamo di nuovo grande. Solo il Socialismo guiderà una rinascita civile, spirituale e materiale della nostra Nazione, torneremo a dirci orgogliosi di essere italiani e i nostri figli vedranno un futuro – e un’Italia – migliore, seguendoci nel solco tracciato. Ce ne saranno grati.
E questi sono i nostri tre punti
- Partire da un’analisi rigorosa e seria, spietata e senza infingimenti, sulla crisi della società italiana alla luce del biopotere e della dismissione;
- Convergere, con spirito di sacrificio e cooperazione, in una stessa piattaforma, sociale e socialista, con prospettiva nazionale;
- Allargare, facendo sintesi e non sterili scissioni, unendo così tutta l’area della dissidenza italiana, preparandoci al poi.
Una certezza: noi saremo sempre per il popolo italiano e al fianco dei popoli che lottano, coerenti con i nostri valori e la nostra storia perché siamo del popolo. Solo i popoli in lotta cambiano la storia. Che non è mai già scritta!
Il comitato promotore
“I tre Gracchi”
Giovanni Amicarella
Jean-Claude Martini
Lorenzo Somigli
Il comitato d’onore
Olga Ignatieva (Russia/Donbass, sopravvissuta strage 2 maggio)
Talal Khrais (Libano, giornalista)
Faouzi Mahbouli (Tunisia, imprenditore)
I primi firmatari
Roberto Bagattini
Tommaso Balsimelli
Alessandra Balzanti
Marco Becattini
Antonio Bellizzi di San Lorenzo
Leonardo Bellucci
Alessandro Bertinazzo
Stefano Bonilauri
Giampiero Braida
Livio Braida
Giovanni Campus
Maurizio Canino
Alessandro Caparrucci
Monia Catalano
Andrea Chiarantini
Samuele Cheli
Giuseppe Di Pasqua
Ezio Facchin
Emanuele Fanesi
Ettore Giaccari
Sauro Giorgi
Roberto Giuliano
Dino Guiggi
Leonardo Landi
Luciano Macrì
Lorenzo Marchi
Massimo T Mazza
Stefano Merelli
Ardelio Michielli
Silvana Mugnaini
Renzo Nardi
Maurizio Neri
Rita Pieri
Antonia Pizzolante
Mario Poneti
Andrea Profili
Rodolfo Ridolfi
Michele Sanfilippo
Ilaria Somigli
Simone Spadaro
Maria Cecilia Stefanelli
Enea Stella
Raffaele Tarchiani
Leonardo Tozzi
Paola Viegi
Lorenzo Villani
Roberto Vivardelli
(47 firmatari al 20 novembre, in aggiornamento)
Si può sottoscrivere questo Manifesto de Il Tazebao da oggi e fino al 19 gennaio 2025. Sottoscrivere l’appello è possibile di persona, il primo incontro è venerdì 15 novembre alle ore 18:00 alla Libreria L’Ora Blu di Firenze, oppure scrivendo via e-mail a redazione@iltazebao.com
Quattro anni fa scrivevamo questo
La mitologia democratica americana ci ha lasciato definitivamente con le ultime presidenziali tra conteggi improbabili e risse da pollaio, quella italiana da molto tempo ormai. Assistiamo alla dispersione del nostro straordinario patrimonio nel nuovo disordine euro-mediterraneo, paralizzati da un regime sanitario di cui si fatica a vedere la razionalità scientifica, ma di cui si sentono le conseguenze sulla vita di tutti i giorni.
Tempi duri, lontani il benessere e le aspettative che hanno segnato l’esistenza delle famiglie nella seconda metà del secolo scorso dopo la guerra sciagurata. Allora leggere e capire quello che sta succedendo, se non è consolatorio, è utile per affrontare il quotidiano liberato dai furbetti infantilismi, “andrà tutto bene”, lo smart working, drogati dal coro dei giornali e della televisione.
Firenze è nel bel mezzo di questo ciclone, sacrificata da un turismo di massa, quello rappresentato dalla Disneyland rinascimentale, che negli ultimi decenni ne ha seccato le radici civiche. La sua caduta innesca un effetto domino da cui nessuno deve sentirsi al sicuro, neanche i dipendenti pubblici ed i pensionati.
E la classe dirigente, dopo anni di delegittimazione antipolitica, sembra priva della cultura e degli strumenti necessari a guidare la transizione cibernetica, perché di questo si tratta.
Di un mondo nuovo in cui le macchine ridetermineranno il senso del lavoro e della vita e sta a noi batterci per non esserne appendici, ma ancora fatti per “seguir virtute e canoscenza”. L’era digitale come opportunità per il bene comune e contro la disuguaglianza.
Racconteremo questa storia sine ira et studio, col solo scopo di contribuire a trovare i fili del rinascimento possibile. E lo faremo a partire dalle analisi geopolitiche fino alle narrazioni più piccole, quelle di tutti i giorni, per rappresentare la realtà che viviamo sulla pelle.
Il Tazebao, lo storico manifesto demandarinizzato di Mao per lanciare cinquant’anni fa la rivoluzione culturale e mobilitare le masse cinesi, è la nostra provocazione di nome e di fatto nei confronti del totalitarismo mediatico che i nipotini in carriera dei salotti buoni sessantottini vogliono imporre alla biodiversità italiana e fiorentina. E noi non ci stiamo. Il futuro è quello che costruiamo oggi.