L’assedio di Aquileia. Intervento introduttivo di Lorenzo Somigli

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La riflessione classicista di Lorenzo Somigli in occasione della presentazione de “L’assedio di Aquileia del 238 d.C.” di Giacomo Caspar Guida alla libreria L’Ora Blu.

Corre l’obbligo di ringraziare chi ci ospita. Spesso, rapito dalle Muse, entro qui e chiedo un “Massa e potere” di Elias Canetti oppure un testo di Mackinder così sue due piedi e lui soddisfa sempre queste mie pulsioni letterarie. Ci tengo a dirlo, quindi: la libreria L’Ora Blu è, a tutti gli effetti, un “presidio di civiltà” nel Campo di Marte, una zona che io amo, qui sono cresciuto, sono sempre legato al suo viale e ai suoi decori e ai suoi stucchi. Proprio per questo mi sento di sostenerla con la cultura e di sostenere la cultura e chi la fa e la diffonde. Lo dico incidentalmente: Firenze era una capitale della cultura. Noi questo non lo abbiamo dimenticato. Noi ancora vogliamo rivendicare una nostra biodiversità.

L’importanza della cultura classica

Conosco Giacomo da troppo e abbiamo visto anche tante partite della Fiorentina. Sono passati quasi dieci anni da quando abbiamo terminato gli studi al Liceo Classico Galileo. La classicità non mi ha mai abbandonato. Avevo iniziato leggendo i frammenti di Eraclito; c’è un frammento che adoro: “L’origine ama nascondersi”; e poi c’è quello sul fuoco che è “consunzione e sazietà”, mi viene sempre in mente quando faccio il camino così scontento Greta e Putin e son contento. Terminammo con quella terribile versione di Tacito. È finito il tempo degli studi, non ho mai smesso di studiare la classicità.

Viviamo un’epoca dominata dall’assoluto tecnologico, dalla presunzione di esaustività della scienza; viviamo un tempo dove gli impulsi hanno preso il posto della razionalità e ciò è tipico delle epoche di crisi, come spiegava uno dei nostri grandi Pareto.

La classicità è una chiave di lettura anche per il contemporaneo oltre che un modo inossidabile per vivere meglio, un medicamento e una via di libertà.

Non è un caso che la classicità sia il punto di riferimento per tutte quelle classi dirigenti che non vogliano guardarsi l’ombelico.

La crisi del Terzo Secolo. Verso la tetrarchia

Visto che la storia “non fa salti”, il Terzo Secolo è l’inizio di una trasformazione nell’Impero e Massimino il Trace apre un percorso che porterà poi alla tetrarchia.

È bene aver chiaro che l’Impero romano aveva raggiunto un grado di integrazione che si rivedrà poche volte nella storia, non solo nel Mediterraneo ma anche nei territori più lontani. Penso alla fitta rete di infrastrutture che realizzano anche in Germania e Olanda, territori di frontiera rispetto all’ecumene mediterranea, per rendere navigabili i canali e per spostare le flotte: è il caso della fossa Drusi che permetteva alla classis Germanica di presidiare il Reno e il Mare del Nord o della fossa Corbulonis. Penso al litus saxonicum, costellazione di forti per presidiare la Manica da ambo le sponte, proteggendo le foci dei fiumi. Del resto, cambiando completamente zona, erano arrivati alle Isole Farasan, Portus Ferresanus, oggi Arabia Saudita: avevano intuito la rilevanza di Bab el-Mandeb.

I romani avevano già chiara l’importanza della logistica e la rilevanza geopolitica di fiumi, isole, stretti marini, una concezione tutt’oggi valida.

Progressivamente, tutto questo si consuma. La scorsa estate eravamo per la Maremma, per un bel premio con Stefania Craxi e ho scoperto il De reditu suo di Claudio Rutilio Namaziano in cui constata la fine dell’integrazione. Scompare quella “condizione di stabilità dell’Impero romano”, come dicevano gli scrittori cristiani del tempo; la storia di Roma prosegue a Costantinopoli, con il volo dell’aquila “contr’al corso del ciel” per citare il celebre passo dantesco; poi dal centro dell’Europa emergeranno, con fatica e tempo, nuove potenze con l’obiettivo di ordinare lo spazio lasciato vuoto da Roma, ovvero Francia, Germania e Inghilterra.

La fortuna letteraria dell’assedio

Infine, per avvicinarci, voglio introdurre un altro tema: il topos dell’assedio.

La guerra cambia, però c’è una fase in cui al movimento si sostituisce la stasi. È il continuo duello: attacco/difesa, spada/scudo.

L’assediante, da posizione di vantaggio, rischia sempre di diventare assediato. In effetti, l’assedio mette a dura prova il genio degli assedianti: penso a Flavio Belisario che rompe la difesa gotica di Napoli passando per il vecchio acquedotto; sempre per un acquedotto Alfonso V d’Aragona entra a Napoli.

Persino nelle guerre di movimento moderne l’assedio rimane una costante: Tobruch, Sebastopoli, Baghdad; ancora oggi, venendo alla cronaca dei nostri giorni.

Dai “Sette contro Tebe” di Eschilo al bosco di Birnam, l’assedio non smette di fornire materiale.

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