Il Tazebao – Il ritorno anticipato di Netanyahu a Tel Aviv da Mar-a-Lago, ove si trova la residenza di Trump in cui da questi era stato ricevuto, in corrispondenza dell’attacco di sabato su Majdal Shams, ha fornito una prova abbastanza lampante di quanto vicino il Medio Oriente si trovi all’allargamento del conflitto palestinese. È accaduto, infatti, che un missile abbia colpito questa piccola cittadina nelle alture del Golan (i cui abitanti, drusi, hanno però sempre rifiutato la potestà israeliana, continuando a definirsi siriani, come evidenzia anche il nome arabo della località, che significa “Torre del Sole”) uccidendo 12 persone in un campo da calcio durante una partita: il governo israeliano ha accusato Hezbollah, che da parte sua nega ogni coinvolgimento nell’attacco. Il missile parrebbe infatti appartenere all’arsenale della contraerea dell’Iron Dome, ed è da notare che nel 2006, quando effettivamente le forze di Nasrallah colpirono per errore un insediamento civile, esse riconobbero il fatto, chiesero scusa e offersero solidarietà alle famiglie delle vittime. Tuttavia, gli Stati Uniti e il gabinetto di Tel Aviv hanno dato il via libera a Netanyahu per qualsiasi tipo di risposta che volesse mettere in campo. Erdoğan, tracciando parallelismi col Nagorno-Kharabakh e la Libia, ha detto che la Turchia potrebbe intervenire militarmente nella disputa contro Israele, al che il ministro degli Esteri di Tel Aviv ha risposto con un post su X in cui, affiancando una foto del presidente turco a quella di Saddam Hussein appena catturato, allude alle sorti di quest’ultimo per avvertire il primo: un evidente riferimento ai fatti del gennaio-febbraio 1991, nel contesto della Guerra del Golfo, in cui l’Iraq di Saddam lanciò 42 Scud contro Tel Aviv e Haifa, uccidendo un numero imprecisato di civili; 42 furono, in memoria di ciò, i nodi con cui Saddam fu impiccato a fine 2006. (JC)
Non solo un anno “di transizione”
Nonostante un Natale in sordina e una crisi che morde tutti, quello che ci accingiamo a vivere insieme è un