La Romania fa i conti con se stessa. Alla vigilia…del 35° anniversario della fucilazione di Nicolae Ceauşescu: siamo sicuri che i romeni abbiano la democrazia adesso? Il Tazebao del giorno

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Il Tazebao «Vrem alegeri libere!» (Vogliamo elezioni libere!), «Jos cu dictatură!» (Abbasso la dittatura!), «Libertate!»…tali erano i principali slogan che si sentivano scandire o si leggevano esattamente 35 anni fa in questi giorni nelle piazze romene. Domani, il giorno di Natale, nel 1989 veniva fucilato dopo un processo farsa Nicolae Ceauşescu, Presidente della Repubblica Socialista di Romania, Comandante supremo delle forze armate della RSR e Segretario Generale del Partito Comunista Romeno, assieme a sua moglie Elena, vice primo ministro della Repubblica e presidentessa dell’Accademia delle Scienze. Vennero accusati della cosiddetta “strage di Timişoara” (che si scoprì subito essere stata una false flag organizzata tirando fuori dei cadaveri a caso, già morti da tempo per le più disparate cause, da un obitorio), di avere “conti in Svizzera” (mai trovati) e di aver ordinato di sparare sui manifestanti a Bucarest (nella teleconferenza del 17 dicembre, Nicolae aveva dato esattamente l’ordine opposto), per poi far uccidere il generale Milea che si sarebbe “rifiutato”. Ma che ne è, oggi, delle elezioni libere, della democrazia e della libertà in Romania? Solo all’inizio di questo mese la Corte Costituzionale ha annullato le elezioni in svolgimento per non far vincere Călin Georgescu, fautore di una linea critica verso la NATO, l’UE e l’Ucraina, dopo aver impedito la candidatura di Diana Ivanovici-Šoşoacă, “rea” di rifarsi esplicitamente all’Epoca de Aur della Romania socialista (1965-1989) per quanto riguarda la politica estera, quindi rapporti con Russia, Occidente, Cina e Paesi africani da pari a pari. La NATO, nel frattempo, ha trasformato praticamente l’intera città di Costanza in una sua enorme base militare nell’ottica della guerra contro Mosca, nella quale i romeni non vogliono farsi trascinare. La Moldavia di Maia Sandu, più economicamente problematica e desiderosa di riunificarsi alla Romania (desiderosa la presidentessa, romena e rieletta con i voti della sola diaspora in Occidente), pare stia preparando un’operazione militare contro la Pridnestrovia, mentre la Gagauzia ha ufficialmente disconosciuto il governo di Chisinau ieri. Ma dato che le decisioni da 35 anni non vengono più prese a Bucarest, a chi i romeni questa volta chiederanno elezioni libere e democrazia?

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