La priorità degli USA di Biden è nell’Indo-Pacifico. I dossier ancora aperti

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Ormai è fuori discussione che l’Indo-Pacifico sia la regione più importante per il futuro degli USA e il loro teatro prioritario.
Ne è la prova il fardello economico che ogni anno Washington è disposta a sostenere. L’analisi di Elvio Rotondo, Country Analyst del Nodo di Gordio.

Ogni anno il Pentagono spende circa 8,5 miliardi di dollari per lo stazionamento delle decine di migliaia di truppe americane in Giappone e Corea del Sud.

Secondo un rapporto della Government Accountability Organization pubblicato il 17 marzo scorso, tra il 2016 e il 2019 le forze armate americane hanno speso circa 34,3 miliardi di dollari per mantenere più di 83.000 truppe stabilmente in Giappone e Corea del Sud, di cui circa 20,9 miliardi di dollari in Giappone per mantenere le circa 55.000 truppe, e altri 13,4 miliardi di dollari in Corea del Sud per i circa 28.500 soldati di stanza nella penisola.

Tokyo e Seoul hanno fornito agli Stati Uniti alcuni finanziamenti diretti per compensare alcuni dei costi, in particolare, il Giappone ha pagato agli Stati Uniti circa 12,6 miliardi di dollari e la Corea del Sud ha pagato circa 5,8 miliardi di dollari.

Inoltre, Washington per essere più competitiva e vincente nella regione conta sulla Pacific Deterrence Initiative, iniziativa che si concentra sull’acquisizione di capacità militari avanzate, inclusi radar spaziali, difesa missilistica, armamento di precisione a lungo raggio, logistica, sperimentazione e innovazione e una migliore interoperabilità ed esercitazioni con alleati e partner. Secondo quanto riportato da USNI News, il comando indo-pacifico degli Stati Uniti sta cercando 4,68 miliardi di dollari, nel prossimo anno fiscale, da destinare alla Pacific Deterrence Initiative.

Il 3 marzo scorso, l’amministrazione Biden ha presentato uno schema della strategia di sicurezza nazionale, dove la Cina viene considerata l’unica sfida all’ordine internazionale a tutti gli effetti. Gli Stati Uniti lavoreranno per dare forma a nuove norme e accordi internazionali.

Il 12 marzo scorso, i leader di India, Australia, Giappone e Stati Uniti hanno tenuto un incontro virtuale allo scopo di potenziare il Quad (Quadrilateral Security Dialogue). Finora tutte le parti interessate hanno affermato che il “QUAD” non è altro che una riunione informale di alleati, ma si tratta comunque del terzo meeting negli ultimi sei mesi e la “natura dell’alleanza” potrebbe cambiare.

L’amministrazione ha annunciato una nuova politica per rivedere le catene di approvvigionamento di semiconduttori, batterie e terre rare, tutti prodotti per i quali gli Stati Uniti dipendono dalla Cina. Un ordine esecutivo, firmato da Biden nel mese di febbraio scorso, afferma che gli Stati Uniti lavoreranno con gli alleati e aumenteranno gli approvvigionamenti da Australia, Giappone, Corea del Sud e altrove. Incoraggerà anche una maggiore produzione interna.

Tra i problemi più rilevanti che Washington affronta nella regione c’è la minaccia nucleare, mai tramontata, della Corea del Nord e le politiche di Pechino nel Mar Cinese Meridionale e Orientale.

A conferma delle notevoli difficoltà tra Cina e Stati Uniti il vertice di Anchorage (Alaska) di qualche giorno fa, è stato l’ennesimo banco di prova nelle relazioni sempre più travagliate tra i due paesi. I paesi continuano ad essere in disaccordo su una serie di questioni, dal commercio ai diritti umani in Tibet, da Hong Kong alla situazione nella regione dello Xinjiang occidentale, oltre che su Taiwan, sull’assertività della Cina nel Mar Cinese e sulla pandemia di coronavirus.

Prima del vertice di Anchorage il Segretario alla Difesa Austin e il Segretario di Stato Blinken si erano recati a Tokyo e Seoul.

La priorità numero uno di Pechino rimane senz’altro la presa di Taiwan. Secondo alcuni studi, la Cina potrebbe decidere di lanciare un attacco militare contro Taipei tra oggi e il 2045. Naturalmente l’eventuale conquista di Taiwan da parte cinese sarebbe un duro colpo alla credibilità degli Stati Uniti come partner forte e fidato nella regione.

Al momento, lo stretto di Taiwan rimane uno dei punti più infiammabili e più pericolosi al mondo.

Gli Usa per sostenere l’azione di scoraggiare potenziali tentativi cinesi di conquista, forniscono regolarmente a Taiwan il materiale difensivo di cui ha bisogno per la difesa nazionale. Nel mese di ottobre 2020, gli Stati Uniti hanno approvato la vendita di armi a Taiwan per circa 1,8 miliardi di dollari, armi necessarie a mantenere elevata la credibilità delle forze armate taiwanesi e ricordare a Pechino che il prezzo di un attacco a Taiwan potrebbe essere troppo alto.

L’ex presidente americano, Donald Trump, aveva coltivato legami più stretti con Taiwan nell’impegno di contrastare la crescente influenza della Cina. Aveva aumentato in modo significativo le vendite di armi a Taipei promettendo di intensificare la cooperazione economica e in generale aveva rafforzato le relazioni con l’isola. Mentre la Cina si oppone a qualsiasi forma di scambio tra funzionari statunitensi e taiwanesi.

A Washington, il 19 gennaio scorso, durante un’udienza di conferma davanti alla commissione per le relazioni estere del Senato, il neo-segretario di Stato, Antony Blinken, aveva promesso che gli Stati Uniti continueranno a onorare gli impegni nei confronti di Taiwan. Aveva accennato anche agli sforzi per ampliare la partecipazione di Taiwan nelle organizzazioni internazionali e ha messo in guardia la Cina dall’intraprendere qualsiasi azione militare contro il paese.

Nel 1979 il Presidente statunitense Jimmy Carter decise di porre fine alle relazioni diplomatiche con Taiwan e da allora Washington ha fatto affidamento sul Taiwan Relations Act per gestire i suoi legami non ufficiali con Taipei. Per evitare di minare le relazioni con Pechino, che vede Taiwan come una provincia separatista, gli Stati Uniti hanno mantenuto la cosiddetta politica “Una Cina”, riconoscendo la tesi di Pechino secondo cui la Repubblica popolare cinese è l’unico governo legale della Cina. Allo stesso tempo, per aiutare Taiwan a scoraggiare potenziali tentativi cinesi di conquista, il governo degli Stati Uniti fornisce regolarmente a Taiwan il materiale difensivo di cui ha bisogno per contrastare un attacco cinese.

La Corea del Nord

Da parte nordcoreana il lancio dei due missili da crociera del 21 marzo nel Mar Giallo potrebbe segnare il ritorno a un nuovo ciclo di provocazioni di Pyongyang, anche se il lancio non ha violato le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, a differenza dei due missili balistici a corto raggio lanciati il 25 marzo nel Mare dell’Est o Mar di Giappone.

I missili sarebbero stati lanciati dalla città di Hamju, nella provincia dello Hamgyŏng Meridionale, e avrebbero volato per circa 450 chilometri con un’altitudine di 60 km. Il governo giapponese ha confermato che i missili sono caduti al di fuori della zona economica esclusiva del Giappone. Il test di giovedì, arriva pochi giorni dopo l’arrivo negli Stati Uniti del nordcoreano Mun Chol Myung, estradato dalla Malesia. Mun Chol Myung è un uomo d’affari accusato di riciclaggio di denaro attraverso il sistema finanziario statunitense per fornire articoli di lusso alla Corea del Nord. L’incidente ha causato l’interruzione dei rapporti diplomatici tra Pyongyang e la Malesia.

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