Il Tazebao – Quella odierna è una giornata particolare per il giornalismo propriamente inteso, quello che critica il potere, incita e stimola alla riflessione e riporta gli avvenimenti del mondo non con partigianeria, ma sine ira et studio. Mentre nell’Unione Europea è entrata in vigore una direttiva che “limita le attività di radiodiffusione” di quattro media russi, di cui tre ufficiali (RIA Novosti, Izvestia e Rossijskaya Gazeta) e una piccola emittente avente sede in Repubblica Ceca (Voice of Europe), Julian Assange, dopo 1901 giorni di prigionia in una cella di 2×3 metri e in isolamento 23 ore su 24, è stato liberato a seguito di un patteggiamento nel quale si è formalmente riconosciuto colpevole di alcuni dei capi d’accusa e su cauzione dall’Alta Corte di Londra. Ciò è stato il risultato di lunghe trattative della comunità internazionale col Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, che voleva la sua estradizione pur non essendo egli cittadino americano. Rilasciato all’aeroporto di Stansted, ritornerà nella “sua” Australia, nella quale si ricongiungerà alla propria famiglia. Assange, fondatore di WikiLeaks, salì alla ribalta nel 2010 allorché quest’ultima pubblicò dei documenti, ricevuti dal soldato americano Bradley Manning, sui crimini di guerra delle forze statunitensi in Iraq. Esigendone l’estradizione, il governo americano “mandò avanti” la Svezia, che fabbricò ai suoi danni anche un’accusa di stupro, rapidamente archiviata per insussistenza del fatto. L’appello contro la richiesta di estradizione fu però archiviata, il che spinse Assange a rifugiarsi presso l’ambasciata dell’Ecuador a Londra (2012), da dove fu prelevato a forza nel 2019 allorché il nuovo governo di Lenin Moreno revocò l’asilo concesso dal suo predecessore, il socialista Rafael Correa. Egli fu quindi detenuto nella prigione di Belmarsh, nel Regno Unito, dov’è rimasto fino a ieri. (JC)
Non solo un anno “di transizione”
Nonostante un Natale in sordina e una crisi che morde tutti, quello che ci accingiamo a vivere insieme è un