Incoronazione di Carlo III: privilegio inglese di essere politically incorrect?

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Una istituzione mistica, col suo carico simbolico-istituzionale, conferma il suo ruolo mitopoietico globale, nella lunga durata del mondo reale. Il Metaverso può attendere.

a cura di Antonio Bellizzi di San Lorenzo

Londra, 6 maggio 2023 − L’incoronazione del Re d’Inghilterra etc. è anche l’apoteosi del privilegio insulare di essere ‘politically incorrect’ del Popolo britannico, che si può permettere brillantemente di dire e fare cose attualmente impossibili alle altre Genti: gli Inglesi possono aver un Re, e non − come altri democraticissimi Stati europei − solo sobriamente low profile, ma liturgicamente unto e pomposamente incoronato a mezzogiorno di un dì di maggio del terzo millennio, abbracciato in carrozza aurea da anse di folla festanti sotto la pioggia, mentre il globo mediatico assiste all’Evento.

Tale Liturgia religiosa di Stato può permettersi di proclamare innumerevoli volte il nome di Gesù Cristo ed altri Simboli della Cristianità, in una Società britannica cosmopolita, la cui laicità e pluralismo etnico, religioso, culturale e del costume sono assodati e illimitati, rispetto ad un mondo occidentale saturo di laicismo lessicale e di tabù del Divino e della Trascendenza.

Come previsto, infatti, dal libretto ufficiale della Authorized Liturgy for the Coronation Rite of His Majesty King Charles III (p.2), il Re, accolto a Westminster Abbey da un bambino del coro, in the name of King of kings, fa professione solenne di accettare l’essenza del suo munus, ossia il Servizio: in His name, and after His example, I come not to be served but to serve. Poi, conclusivamente, (p.33) At the end of the procession  The King receives a greeting by Leaders Representatives from Faith Communities (Jewish, Hindu, Sikh, Muslim, Buddhist ), coerentemente con la posizione assunta  precedentemente di Garante of every faith and convintions, ma precisando through Jesus Christ our Lord (p.7).

E nessuno si scompone tra presenti Personalità cosmopolite, Capi di Stato anche musulmani, atei, etc!

Identità nazionale e pluralismo

La filosofia del linguaggio appalesata dalla liturgia britannica è chiara: questa è la identità nazionale che accoglie ed è proclamata in modo netto, poi, e proprio in ragione di questa precisa identità, è dato libero spazio e tutela alle altre identità, siano esse Indu, come quella dell’attuale Premier inglese − che ha letto la Lettera di San Paolo ai Colossesi (I:9-17) − o musulmana, come quella del suo collega scozzese e del sindaco di Londra, e quant’altre.

Ove poi qualcuno si chieda − al di là del dono papale di reliquia della Croce e della presenza di Segretario di Stato Vaticano e Nunzio apostolico − che fine abbian fatto i good Catholics, ecco appalesarsi la paciosa figura del Duca di Norfolk, espressione di una precisa famiglia cattolica da sempre, cui è affidato tradizionalmente il ruolo di conte-maresciallo d’Inghilterra, ossia di gran cerimoniere per l’organizzazione, insieme all’Arcivescovo di Canthurbury, di esequie e di incoronazioni dei Re inglesi, come appunto questa di Carlo III:

i veri Riti, infatti, quali “azioni simboliche” accrescitive di Comunità, sono rivalutati dal filosofo contemporaneo coreano Byung-Chul Han e − lungi da spengersi in sterili formalismi e irriducibili a folklore − mostrano non solo sapiente governance di contraddizioni logiche ma composizione civile rigenerativa di passate e laceranti lotte sanguinose.

In tale prospettiva, il Re che viene incoronato non va visto come un privilegiato per nascita ma come Figura della Nazione, autocelebrantesi nella cerimonia, che reperisce in un Soggetto individuato in modo genealogico ed educato a quel preciso ruolo, il Garante al di sopra delle parti della Costituzione ed espressione della Tradizione, non chiusa, di un Popolo con una Storia aperta a cambiamenti ma con una precisa origine. Così come Laicità, come apertura a nuove espressioni identitarie, non vuol dire disidentificazione e destrutturazione dell’identità originaria.

Allo stesso modo lo sfavillio di ori, argenti, pietre preziose e colori di stoffe indica non la vanità terrena di uno o più individui, ma appunto la nobiltà al massimo grado istituzionale della Majestas del Potere giuridicamente visibile e quindi democraticamente individuabile, leggibile e pure contestabile.

La Global Britain

Rule Britannia può allora far riecheggiare ad ogni angolo del globo la sua identità storica imperiale e coloniale, senza tema di offendere né gli ex colonizzati né gli ex sudditi, solo una parte dei quali sono ancora membri del Commonwealth. La ostentata marzialità dei reparti di formazione può dispiegare gli onori sovrani senza urtare suscettibilità di pacifisti.

La memoria storica, perpetuantesi nella policromia della Tradizione vivente, neutralizza tanto ogni empito iconoclasta di Cancel culture, quanto ogni eccesso Green di ‘Ultima generazione’. Del resto, in beffa al mantra dogmatico-continentale “Extra Unionem Europeam nulla salus”, la Brexit,  consumatasi prima della Pandemia, ha lasciato bellamente l’Eurocrazia di Bruxelles in cattività linguistica di un Anglosfera più forte che mai, e adesso, il nuovo conio aureo della vecchia sterlina mostra radiosa la nuova effige di Charles. E,  mentre la madre di tutte le repubbliche contemporanee − anche della ex colonia inglese USA − è ostaggio di violente contestazioni di piazza verso il suo giovane presidente enarca smart, pur eletto direttamente dal Popolo di una France une et indivisible, per contrappasso, un anziano e colto Sire ecologista e demodè, indisposto a cambiare i suoi vezzi old England e mai prono a cedimenti da prince mediatique, anzi vedovo impenitente della princesse mediatique per eccellenza − Lady D − è consacrato Re per diritto di nascita e unto del Signore, non in senso metaforico ma reale.

Ma sfugge a tanti commentatori televisivi, proni al gossip ed alla banalizzazione, che la Tradizione vivente è l’opposto dell’Anacronismo e non è affatto un malinconico e stantio culto di polverose memorie passate, bensì una continuità vitale e consapevole del presente, che traendo forza critica dal passato evolve verso il futuro, come testimoniato non solo dalla centralità e dalla quantità dei bambini con ruolo cerimoniale (paggetti, coristi, etc) ma anche dalla densità giovanile tra la massa multicolore di persone lungo il percorso del corteo reale e di fronte a Buckingham Palace.

Il corpo del Re

Un re può essere incoronato giovane o anziano, poco importa,  testimoniando la dignità di tutte le diverse età della Persona umana, sempre fine e mai mezzo efficientistico: la Tradizione in se permanens, omnia innovat e, di quest’albero viridiscente ma con salde radici, è virgulto la corona inglese. È pur vero che proprio una Corte inglese sentenziò il taglio della testa del Carlo I Stuart, più di un secolo prima della ghigliottina inflitta al collega francese Luigi XVI ed augusta consorte. Ma proprio questa è la differenza: al netto delle intenzioni di Cromwell, nel 1649, gli Inglesi a Whitehall decapitarono, di fatto, solo il corpo fisico di UN Re, laddove nel 1793 a place de la Concorde, i Francesi vollero decapitare IL Re, come concetto metafisico, ossia quale corpo politico-istituzionale, oltre che fisico, dando stura a tutte le rivoluzioni successive.

Dello stesso autore: Icona elisabettiana e Tradizione post-moderna della Corona inglese

In una Londra piovosa, quel Corpo politico-istituzionale, simbolo del primato dello Stato-comunità sullo Stato apparato, si presenta incorrotto senza soluzioni di continuità storica e con declinazione democratica aperta e progressiva, in un Mundus furiosus, dove pericolose autocrazie insidiano la Pace e la Sicurezza della Comunità internazionale, quanto perpetuano odiose gross violations dei Diritti umani e tante formali Democrazie mostrano segni di tracimazione in effettive Democrature, mentre nuovi Leviatani digitali-finanziari incombono con tentacoli biopolitici omnipervasivi.

E, come per incantesimo di una favola felice, guarda caso il giorno prima della incoronazione, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato finita l’emergenza pandemica: la fiaba così di una istituzione mistica, come definita dall’ultimo italo Re di maggio, col suo carico simbolico-istituzionale e conseguente indotto economico-mediatico, conferma il suo ruolo mitopoietico globale, nella lunga durata del mondo reale. Il Metaverso può attendere. God save the King!

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