L’intervento di Lorenzo Somigli in apertura dei lavori del convegno “Il mondo grande e terribile”
Fa molto piacere vedervi e rivedervi. Segno che abbiamo fatto bene, tre anni fa, a fondare, insieme a Gianni Bonini, questo nostro Tazebao. Ringrazio l’Archivio Riformisti Socialisti – la memoria è ancora un valore – e Leonardo Tirabassi, che leggiamo sempre sul Sussidiario.
Nel suo Guerra, oggi provvidenzialmente – e non a caso – pubblicato da Adelphi, Céline scrive: «Mi sono beccato la guerra nella testa. Ce l’ho chiusa nella testa». E poi passa in rassegna le sue disavventure, la varia umanità intorno a lui, il dolore che lo accompagna come il ronzio nell’orecchio (probabilmente gli è esplosa una granata vicino).
È la guerra mondiale. Dicono a pezzi. Sicuramente mondiale perché si svolge lungo la faglia critica il cui controllo determina l’egemonia globale: il Rimland. Ero a Ginevra nei giorni scorsi e in una conferenza Guy Mettan, giornalista, ha ricostruito le tappe della disgregazione dell’ordine uscito dalla Seconda guerra mondiale: dal 2001 fino al 2008 e poi ancora le primavere arabe e l’Euromaidan, lungo appunto l’arco euro-asiatico.
È la guerra mondiale dove, di nuovo, la tecnologia prodotto dell’uomo dà il meglio di sé contro l’uomo, come ci ricorda Otto Dix che dipinge le celebri truppe d’assalto – quasi demoniache – pronte a gassificare – ecco i progressi dell’industria chimica – il nemico, mentre William Orpen riprende la terra di nessuno devastata. Ieri il gas, il carro armato che si rivelerà determinante nelle fasi finali della guerra sul fronte francese, oggi il drone o i missili. Non solo quelli artigianali.
È l’esperienza traumatica della morte che, di nuovo, dopo un’epoca di benessere, sconvolge la società, come ci ricordano gli incubi del Maestro di Providence, Lovecraft: cito, in particolar modo, il suo Herbert, che fa il “rianimatore” e prova a destare dal sonno della morte uno dei caduti al fronte, l’aviatore che rivive le fasi drammatiche prima dello schianto.
Eppure, anche mentre la tecnologia avanza, l’assedio rimane una costante. Oggi come allora. Oggi come nell’antichità: Gaza come Alesia. Se ne accorsero subito anche nella guerra russo-giapponese, a inizio Novecento, come ha documentato Luigi Barzini – lo cito sempre perché abbiamo avuto grandi cronisti di guerra – nelle trincee a Port Arthur, un’anticipazione e della guerra di massa e della guerra di trincea. Nella rincorsa continua tra attacco e difesa, rimane una costante l’assedio.
Questa è la guerra. E i nostri sono tempi di guerra. Con profonde ripercussioni sulla stabilità energetica e alimentare, perfino sui sistemi di governo che noi definiamo liberali.
Provo a sintetizzare alcuni punti salienti della fase che viviamo:
- La fine della, naturale, integrazione euro-asiatica ed euro-araba.
- La scarsità energetica e alimentare e la spirale dei prezzi con ripercussioni non solo economiche.
- Il superamento della spaccatura sunniti/sciiti in parallelo al ritorno di due potenze come Iran e Turchia.
- L’emersione dei BRICS, che riuniscono il più grande esportatore di energia (Russia) e il più grande mercato (Cina).
- L’accentuazione del carattere politico del capitalismo.
Vengo a chiudere. Come Gianni Bonini ha avuto al suo ultimo libro prefazioni e saluti di personalità come Plácido Plaza e Mouïn Hamzé – sono profondamente legato a Mouïn e ricordo una straordinaria gita a Beirut insieme – così Tirabassi ha una prefazione niente meno che di Giulio Sapelli. Scusate se è poco. Nessuno, meglio di lui, potrà aiutarci a capire.