Dopo il ricordo di Debora Degl’Innocenti, quello del fondatore de Il Tazebao su Francesco Bosi.
Sentivo di volerlo scrivere da molto e ringrazio Debora, che mi spinge a dar ordine a ricordi e pensieri, infra i vuoti-pieni della memoria — proprio lei me lo fece conoscere.
Pur nel poco tempo che ci siamo conosciuti – giugno 2019 al Torrino Santa Rosa – Francesco ha inciso su di me: l’ascolto come vero momento di umanità e basilare; la contezza del difficile compito politico di mediare per armonizzare interessi tutti legittimi; la visione d’insieme alla base della concretezza quotidiana.
La pandemia ha ulteriormente divaricato tutti noi, e così anche noi, fino alla notizia. Oggi che la società italiana, quella che la cultura politica di cui Bosi è stato figlio ed espressione – il Centro, non quel centrismo di maniera che dicono “piaccia” – ha pazientemente edificato, si sta sfibrando, donde il nostro sentire inadeguate le attuali forme della rappresentanza politica e sociale – ecco la magra attenzione al voto politico e non solo, salvo (desiderabili) smentite delle urne.
Oltre alla gratitudine personale, all’affetto, al dolore di non aver avuto abbastanza tempo, quel modo di fare la politica ritengo, in qualche modo, debba essere ripreso, anche in forme o contenitori diversi, perché attualissimo anch’oggi. Siamo in un mondo nuovo – forse non desiderabile – sì, ma c’è un solo modo di curare il bene comune. Faticoso ed efficace. Quello di Francesco Bosi. Ave atque vale.