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Energia è geopolitica: “Su gas e petrolio paghiamo gli errori di 30 anni fa”. Da Money.it

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“La questione energetica va oltre le competenze tecniche. La politica energetica è sempre stata anticipata dalla politica estera”.

«Serve una lettura geopolitica per comprendere i meccanismi che regolano il mercato energetico». Comincia così la riflessione a Money.it di Gianni Bonini, senior fellow del think-tank Il Nodo di Gordio, già presidente della Fondazione Craxi e con alle spalle una lunga esperienza manageriale nel settore dell’energia, nonché penna de Il Tazebao. Ne riprendiamo alcuni passaggi salienti.

Sulla crisi del gas: «(…) Sfatiamo il mito che la questione energetica sia un problema di competenze tecniche. L’energia, in particolare per l’Italia, è un problema geopolitico. Se fosse un problema di competenze, non ci troveremmo oggi, secondo quanto riportato da Startmag, nella situazione in cui Snam e Gse hanno accumulato minusvalenze per circa 4 miliardi di euro. Presi dalla frenesia abbiamo acquistato gas, in maniera anche comprensibile, al fine di rispondere a una domanda che peraltro negli ultimi anni è diminuita e che si attesta sotto i 70 miliardi di metri cubi. Abbiamo offerto il fianco alla Borsa di Amsterdam e abbiamo comprato il gas metano a 300 euro per megawattora (MWh)».

Abbiamo fatto una previsione sbagliata, rispetto alla domanda dell’industria, e siamo stati sorpresi dalla borsa di Amsterdam. Che tra quello con cui abbiamo comprato il gas metano e quello a cui lo abbiamo rivenduto, ci ha fatto uno scherzo non da poco. Sono soldi – 4 miliardi di euro – che dobbiamo ripianare noi, con le nostre tasse.

«(…) Questo evidenzia una difficoltà di lettura geopolitica della situazione. Non crediamo di sostituire facilmente il gas russo con altri Paesi dell’area Mediterranea, con i quali abbiamo anche dei rapporto storici molto forti. Con Mosca, il primo contratto fu stipulato due giorni dopo la Strage di Piazza Fontana, il 14 dicembre 1969, quando fu varato l’accordo con l’Unione Sovietica per il metanodotto che ci avrebbe garantito gas a buon mercato per la nostra industria. (…) Prima ci era arrivato Enrico Mattei con l’accordo sul petrolio. Ci siamo collegati con un contratto di lungo periodo con la Russia, a cui è seguito poi, negli anni ’80, il famoso Transmed, che ci ha collegato poi all’Algeria. Eravamo una media potenza regionale leader nel Mediterraneo: il rapporto con la Russia nasceva sull’onda di una Ostpolitik italiana».

(…)

Sul taglio delle forniture dall’Est: «È evidente che con il limes orientale in fiamme e la situazione ucraina abbiamo rovesciato la nostra politica di approvvigionamento energetico. La politica energetica è sempre stata anticipata dalla politica estera, è una variabile dipendente».

Non voglio dare giudizi di merito: l’Italia è drammaticamente obbligata a questo dopo trent’anni nei quali abbiamo perso pezzi di sovranità.

«Tuttavia, se tagliamo le forniture dall’est, non possiamo pensare di sostituire il tutto con leggerezza dipendendo da altri Paesi, che geopoliticamente peraltro sono alleati alla Russia. Contare sulla Libia è una pazzia, ma anche puntare tutto sull’Azerbaijan. Ormai l’energia è diventata uno strumento di deterrenza nel migliore dei casi, e nel peggiore dei casi, uno strumento di guerra».

I rigassificatori: «A due condizioni: che si facciano, e se ne facciano diversi. Il gas naturale liquefatto è diverso da quello che arriva via tubo. Ricordiamo che è un processo di approvvigionamento più complesso e costoso».

Nemmeno nel Golfo del Messico sono in grado di rispondere all’aumentata domanda globale: perché l’Oriente, soprattutto l’Estremo Oriente, si approvvigiona di GNL.

«Abbiamo sostituito un’energia che arriva a basso costo, basata su contratti a lungo periodo, con GNL che va dove lo porta il portafoglio, anche all’ultimo momento. Quelle navi cambiano addirittura rotta, sulla base del transfer facility di Amsterdam. È un meccanismo di borsa, non bisognava consentire questa logica in un settore strategico come quello dell’energia. È un errore commesso 30 anni fa, con la privatizzazione dell’Eni. Quando consenti a fondi come BlackRock di entrare in queste società che si occupano di energia, ne condizionano pesantemente la governance».

(…)

Fonte: «Sul gas e sul petrolio, paghiamo l’errore delle privatizzazioni di 30 anni fa»

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