La vivacità vaticana e il ritorno di Kissinger, la controffensiva ucraina, le prospettive per la pace. L’intervento di Gianandrea Gaiani (Direttore di Analisi Difesa) al workshop de Il Nodo di Gordio “Il dio della guerra della pace”.
La religione ha sicuramente un peso in questa guerra come fattore identitario. Proprio il Vaticano ha un peso per trovare una soluzione negoziale al conflitto. La missione del cardinale Zuppi sta ottenendo ampi riconoscimenti, negli Stati Uniti e in Russia. Zuppi sarà anche in Cina dove è stato Kissinger, ex Segretario di Stato, l’uomo che fece scappare gli americani dal Vietnam e che aprì le relazioni con la Cina, che ha avuto effetti economici e politici importantissimi, dopo che gli Stati Uniti avevano riconosciuto Taiwan come “unica Cina”. Kissinger è un personaggio stimato in Cina ed è una figura spendibile. L’iniziativa di Kissinger sicuramente supporta anche quella di Zuppi.
Questa mediazione servirà, sicuramente, alla futura candidatura di Zuppi come Papa, non so se porterà alla pace in Ucraina.
Oltre al Papa, oltre alla Turchia, diversi stati africani si sono proposti come mediatori e pure la Cina lo ha fatto. Gli unici a non proporsi come mediatori sono stati gli europei, che pagano il prezzo più alto. L’obiettivo di colpire e indebolire l’Europa è stato pienamente centrato. Ne vedremo i risultati nel prossimo inverno e nell’anno successivo. Questa guerra è molto vicina a noi ed è strano che non ci sia alcun tentativo di pace.
Qualunque negoziato sarà legato alle operazioni belliche. La controffensiva ucraina non sta producendo risultati sostanziali, se non uno sterminio di massa delle reclute, spesso reclutate con la forza e addestrate per utilizzare i carri armati occidentali che sono diversi da quelli sovietici (quelli occidentali hanno 4 uomini mentre quelli sovietici 3). Ri-addestrare un carrista esperto richiederebbe tempo; dunque, in pochi mesi non si può trasformare una recluta in un carrista esperto.
Questa è la prima guerra convenzionale ad alta intensità dal 1945 sul suolo europeo e questa guerra deve finire con un negoziato. Per dare dei numeri, l’Ucraina sostiene di aver riconquistato 250 km di territorio su tutti i fronti – loro considerano riconquistato anche i villaggi sulla prima linea, pressoché rasi al suolo, la zona grigia che cambia – che equivalgono, sommando tutto, a circa l’Isola d’Elba. Sul piano strategico, per le perdite subite, un fallimento.
Nell’ultimo anno, la Russia, che ha industrie e risorse naturali, ha avviato una produzione bellica di guerra e può produrre con l’acciaio, a differenza dell’Europa fiaccata dal caro energia, mentre l’Ucraina dipende dell’Occidente per tutto, dalle armi ai kit sanitari. L’assenza di una spallata da parte della Russia, comunque non da escludere, e l’assenza di risultati con la controffensiva possono creare le condizioni per aprire a una mediazione.
La guerra, all’inizio, è stata lacerante per la Russi, perché i russi sentono come fratelli gli ucraina; dopo la martellante campagna occidentali contro la Russia, il popolo russo ha stretto le fila, come dimostra l’arruolamento di oltre 200 mila volontari. Di contro, Zelensky potrebbe avere problemi interni, per la pressione dei gruppi nazionalisti, in caso di apertura di una trattativa. Per la Russia, le condizioni negoziali sono le quattro regioni e la neutralità dell’Ucraina. Ugualmente, Zelensky, che è stato l’uomo della guerra, potrebbe non essere l’uomo della pace.