Il Tazebao – Oltre ai moti contro la guerra in Ucraina e il genocidio in Palestina, una consistente fetta d’Europa, quella che ne garantisce le basi coltivando i terreni del Vecchio Continente, scende in piazza da mesi, anni, nel silenzio semi-totale dei media: si tratta degli agricoltori in lotta contro l’aumento dei prezzi delle materie prime e dei combustibili e la concorrenza sleale, favorita da Bruxelles, del grano ucraino. La Polonia e la Romania sono state, nelle immediate vicinanze dell’ex repubblica sovietica, le apripista di queste mobilitazioni, estesesi fino alla Germania (dove si è vista addirittura qualche bandiera della DDR, ricordo di tempi felici in cui l’unità del socialismo rendeva inimmaginabili le dinamiche odierne) e, incredibile ma vero, all’Italia. A Varsavia, Nawrocki ha vinto principalmente su questo. Ma anche in Lituania i lavoratori agricoli hanno fatto sentire la loro voce: 3.000 trattori hanno paralizzato il centro di Vilnius contro l’aumento delle tasse sui loro redditi, che vedranno il tetto alzarsi dal superamento dei 35.000 a quello dei 45.000 euro all’anno, con un aumento dell’aliquota al 5%. Il tutto a fronte di uno stanziamento di fondi per l’Ucraina ammontante a 250 milioni di euro, sullo sfondo di un graduale passaggio all’economia di guerra e il conseguente acquisto di jeep e carri armati per 200.000€: argomento, questo, di contestazione verso la ministro della Difesa, Dovilė Šakalienė, alla quale si chiede casomai di spendere quei soldi per la difesa nazionale o, meglio ancora, per risanare il bilancio pubblico. Se quindi, come si suol dire, prevenire è meglio che curare, la terapia, 34 anni dopo le tossiche illusioni sulla “libertà”, la “democrazia” e il “mondo occidentale”, non può essere che d’urto e parecchio radicale. (JC)
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