La prima parte dell’approfondimento su Cesare e Ottaviano a cura di Alessandro Cosi
Dalla metà del I secolo a.C. fino a circa il 27 a.C. due grandi personaggi nati dalla cultura politica di Roma, Giulio Cesare e Ottaviano Augusto, contribuirono a condurre fuori dalle sue paludose trame politiche l’esausta Repubblica, e puntarono verso un ideale monarchico come alla soluzione dei problemi infiniti che il sistema sociale e legislativo romano aveva prodotto.
La Repubblica romana aveva illuminato almeno per quattro secoli e mezzo la penisola italica guidando popoli e culture diverse verso una filosofia sociale di libertà e uguaglianza, almeno per il significato che avevano tali parole in quel contesto storico.
Ma la nascita di due fazioni contrapposte, aristocratici e populares, attorno alla fine del II secolo a.C., aveva generato scontri e guerre civili che, negli ultimi cento anni, avevano minato la sopravvivenza stessa del sistema romano.
Cesare e Ottaviano non furono i primi ad avvertire l’esigenza di un cambiamento nella Res Publica
Già prima Caio Mario, Silla e lo stesso Pompeo si erano diretti verso un cambiamento dello Stato romano in senso autocratico; ma solo con Cesare e poi più nitidamente con Ottaviano la politica di Roma si proiettò verso l’Impero.
Riproporre un paragone tra i due più grandi e significativi personaggi della fine del I secolo avanti Cristo, Giulio Cesare e Ottaviano Augusto, non è argomento tra i più malleabili; ma le loro esperienze di uomini di Stato, le loro battaglie e il contributo che hanno dato alla costruzione del più grande impero dell’Occidente, non possono essere trascurate o sorvolate con un breve tratteggio.
Le loro vite, per alcuni versi simili, perché tendevano alla ristrutturazione della Repubblica, oberata da problemi più grandi di lei, hanno però evidenziato differenze sostanziali, caratteriali e soprattutto politiche tali da meritare un approfondimento.
La gens Iulia e la sua importanza nella storia romana
Entrambi provengono dall’antica gens Iulia, che si faceva discendere, attraverso il mito, da Venere per un lato (poiché madre di Enea, che si unì al troiano Anchise) e dal re Anco Marzio per l’altro. Sempre la leggenda vuole che il nome della Gens Iulia derivi da Ascanio, detto Iulo dai Latini, figlio di Enea.
Tutti i grandi personaggi del I secolo sono in vario modo legati alla gens Iulia, attraverso matrimoni che conferivano prestigio e fornivano alleanze solide, senza trascurare i considerevoli vantaggi economici: Caio Mario, Cornelio Silla, Gneo Pompeo, Marco Antonio. Giulio Cesare aveva metà del sangue giulio, Ottaviano solo un ottavo.
Ma Cesare aveva nel suo DNA solo sangue nobile, e lo dico ovviamente nel significato che i Romani attribuivano alla nobiltà, l’unica classe sociale che avesse le doti per guidare lo stato, avendo almeno un console tra i propri antenati, visto che il consolato “nobilitava”. La madre Aureliaera degli Aurelii Cotta, vetusta e gloriosa casata. Il giovane Ottavio aveva invece forti contaminazioni equestri, vale a dire plebee (sempre nel senso dato dai Romani ai plebei, cioè popolazione “non nobile”).
La sorella di Cesare, Giulia minore, infatti, sposa il cavaliere Azio Balbo, da cui nasce l’intraprendente figlia Azia, spregiudicata protagonista del suo tempo. Azia a sua volta sposerà un altro cavaliere, per giunta provinciale, di Velitrae, Velletri, quale era Caio Ottavio, compagno d’arme e amico di Cesare. Nelle vene del giovane Caio Ottavio scorre quindi, se i miei ricordi di genetica non m’ingannano, solo 1/8 di sangue nobiliare proveniente dalla gens Iulia. Le origini, nell’arcaica società romana, avevano il loro peso, anche se ai tempi di Cesare certe distinzioni rigide si erano notevolmente affievolite. Basti pensare agli ultimi protagonisti delle vicende politiche: Caio Mario, semplice provinciale di Arpino, che fa carriera nell’esercito, Silla nobile ma decaduto (proveniva dalla gens Cornelia, quella di Scipione, ma da un ramo secondario), Pompeo ricco provinciale del Piceno, con molto sangue gallico tra i suoi antenati, Cicerone anch’egli cavaliere di Arpino.
Per approfondire la conoscenza dei due personaggi, sempre nello spirito di un breve articolo, e quindi necessariamente sintetico, vorrei prendere in esame la gioventù e l’ingresso nella politica, il raggiungimento del potere, il mantenimento del potere, e poche note caratteriali che facciano luce sull’indole e la personalità di Cesare e Ottaviano.
La gioventù
La gioventù dei due è stata molto diversa per tempistica ed esperienza: Cesare faticò molto ad emergere, crebbe sotto l’ala di Caio Mario e rapidamente passò sotto la dittatura di Silla, e come nipote di Mario rischiò la vita; inoltre non aveva mezzi finanziari propri e spese a profusione per la sua carriera, indebitandosi pesantemente. Una gioventù che dissipò tra vizi costosi e lusso, tentando talvolta maldestramente di avvicinarsi al potere, come nel caso della congiura di Catilina, riuscendo però ad uscirne sempre solo l’opportunità di mediare tra i due uomini forti della repubblica, Pompeo e Crasso, creò quello spiraglio di potere che egli cercava con tenacia e con una notevole dose di audacia e spregiudicatezza; così si inventò di sana pianta un nuovo strumento politico, il triumvirato (Varrone lo ebbe a definire tricaranos, mostro a tre teste) nel quale vi entrò come elemento debole, di coesione e ne uscì come il vincitore: riuscì a porsi sullo stesso piano dei due colleghi, senza averne le risorse finanziarie né la fama militare. Tutto questo gli costò anni e anni di guerre e di scontri politici, ma alla fine sovrastò su tutto e tutti. In questo percorso verso il potere assoluto si creò nemici ostinati e una consapevolezza smisurata di se stesso, cose che entrambe alla fine lo condussero a morte.
Caio Ottavio cresce nella familia Iulia quando Cesare è all’apice del potere, poi viene adottato dallo stesso assumendo il nome di Caio Giulio Cesare Ottaviano (di Caio Ottavio, cioè della famiglia Ottavia). Quindi alla morte del prozio, quando ha solo 19 anni, eredita tutte le sostanze di Cesare! Inoltre è il solo a sapere dove Cesare ha messo i fondi, cospicui, per la futura campagna contro i Parti. Il possesso di fondi illimitati ha permesso a Ottaviano di pagare addirittura un paio di legioni personali e di utilizzarle a suo piacimento, un gesto assolutamente fuori dalle regole romane. Cesare a suo tempo fu tormentato per anni da Catone perché aveva arruolato legioni in Gallia senza il permesso del Senato; a Ottaviano nessuno ebbe alcunchè da obiettare. Ma i tempi erano maturi per disinvolte avventure autocratiche.
Il raggiungimento del potere (consolato)
Cesare divenne console a fatica e a 41 anni, in ritardo sulla media romana, che era di circa 30 anni. Per Cesare la strada per il consolato fu dura, irta di ostacoli, e solo con la sua straordinaria audacia politica nel mettere d’accordo due personalità così diverse come Pompeo e Crasso riuscì finalmente, nel 59 a.C., a sedersi sullo scranno più prestigioso di Roma. Da quel momento, grazie alle sue capacità militari e politiche, dominò la scena romana e mediterranea. Ottaviano fu console a 20 anni, fuori dalle regole per il consolato. Quando Cesare morì aveva 19 anni ed era un giovane ufficiale, l’anno dopo era console, una magistratura che ottenne grazie ad una sorta di marcia su Roma. Da questo incipit particolare si può già intuire il grande vantaggio iniziale che ebbe ma anche il suo audacissimo modo di procedere; eppure all’inizio fu sottovalutato da molti politici.
Entrambi, per raggiungere il potere assoluto a Roma furono costretti ad affrontare una sanguinosa guerra civile, Cesare contro Pompeo, Ottaviano contro Marco Antonio. Ma assai diversi furono gli atti che portarono alla fine degli scontri.
Ottaviano s’impegnò in molteplici accordi tra i vari generali che aspiravano al posto lasciato vacante da Cesare, elaborazioni non facili ma nelle quali già emergeva la sua intelligenza politica acuta e concreta. Fu protagonista con Antonio nella battaglia di Filippi contro Cassio e Bruto. Creò poi il II triumvirato con Antonio e Lepido, a imitazione di quello fatto da Cesare. Organizzò la guerra contro Sesto Pompeo in Sicilia e, nonostante il fatto che Lepido avesse in mano le sorti del conflitto, riuscì con un abile apparizione in mezzo alle truppe vittoriose di Lepido, a volgere il controllo delle milizie a suo favore. Riconquistare il favore di 23 legioni senza spargimento di sangue fu una straordinaria dimostrazione di carisma e di astuzia.
Ed infine fu vittorioso ad Azio, col sostanziale aiuto di Agrippa, braccando poi come un levriero Cleopatra e Antonio in Egitto, finché non li spinse al suicidio. Da quel momento finirono le guerre civili che avevano fiaccato la Repubblica, e Roma fu tutta nelle sue mani, pacificata e rafforzata, per decenni.
A Cesare ci vollero anni e infinite battaglie per venire a capo della resistenza offerta dal partito pompeiano, dove si radunavano Catone, Bruto, Cassio, Pompeo e i suoi figli, e al quale aderì lo stesso Cicerone.
In sostanza l’élite politica ed economica di Roma. E questo dopo aver combattuto instancabilmente per otto anni nelle Gallie ed aver condotto la popolazione celtica nell’enclave romana.
Seguono altri approfondimenti…
https://iltazebao.com/cesare-e-ottaviano-le-due-vie-verso-la-stessa-destinazione-limpero-parte-2/
Bibliografia dell’autore
“Nel cuore della battaglia” (Florence Press, 2008);
“La guerra civile tra Cesare e Ottaviano” (E-Dida 2017);
“Farthan il romano” (Samizdat, 2017);
“L’oro di Tolosa” (E-Dida, 2019).
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