Capitò un giorno di fenici… rapida nave negra…

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Da Byblos, Mediterraneo.

Sì, negra perché Vincenzo Monti traduceva così, non me ne vogliano il politicamente corretto e il correttore. Comunque, in Libano è tornato il turismo. Non le orde di turisti mangia-sfilatino e tela che affollano le città italiane in questa estate. Forse. Perché “i numeri” – quelli che tutti citano a nastro – non sembrano così rassicuranti. Non divaghiamo!

Al Festival Internazionale di Byblos, cuore antico della civiltà mediterranea, si ritrova una popolazione bella, elegante, festosa, nonostante le avversità, le ingiustizie, le ombre. E la vita lontano. Sono anche quelli della diaspora libanese, stimata dai 4 agli oltre 10 milioni nel mondo. Tornano a casa. Ben oltre un milione questa estate – stima il Ministro del Turismo Walid Nassar, che tanto si è speso per questo festival.

Guy Manoukian al Festival Internazionale di Byblos (06 agosto 2023, Il Tazebao)

La situazione del paese rimane, però, in uno stallo magmatico. Tre anni fa la drammatica esplosione nel porto di Beirut, tre anni senza giustizia; non solo, tre anni in cui il giudice incaricato delle indagini è stato perfino minacciato ma difeso dal popolo. L’immagine dei pompieri che tengono stretta una foto di un collega è indelebile. “Ceci n’est pas un crime”: ha titolato L’Orient – Le Jour. Così ha reso tutto il surrealismo della situazione. Come dargli torto?

Allora facciamolo qualcosa di più per questo mare che ci unirà saecula saeculorum e dove la cooperazione italiana tanto ha seminato e bene! La diplomazia meloniana è tutt’altro che deludente, con buona pace dei subiti allarmismi. E allora allarghiamolo questo piano Mattei! Non tanto stabilizzazione, ma almeno la normalizzazione del Libano dovrebbe essere al primo posto delle agende internazionali.

Tutto tace da un’Europa post-Brexit e con la guerra – di nuovo – in casa, dopo il fiasco Macroniano, finito per legittimare l’attuale classe dirigente. “Forse tu agisci da re perché ostenti passione per il cedro?”: recita il Deuteronomio. Il divino puniva già la hybris, prima delle vette dei “Persiani”. Altro che novello De Gaulle, insomma, come molti osservatori – nostrani e non – lo avevano dipinto.

Nel frattempo, avviso ai naviganti e ai nocchieri, un’esplosione scuote il porto di Derince, tra gli stretti e il Pontus Euxinus, ovvero l’Ak Deniz, ovvero il Mare Nero, il lato oscuro del Kara Deniz, il “mare bianco” degli ottomani. D’altronde, il Mediterraneo è “mare di mari”, per scomodare Braudel ancora una volta, sicché tutto si condiziona, come un moto marino indefesso.

A proposito, i fratelli libanesi hanno apprezzato l’edizione in francese de “Le Grand Bleu” (Florence Press, 2014), curata da Franco Cardini. Ça va sans dire! Tra un tramonto che sembra Rothko e la voce del mare, un saluto, Tazebanti!

LS

Originariamente pubblicato da Il Nodo di Gordio: Capitò un giorno di fenici… rapida nave negra…

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