Uno spettro si aggira per l’X del magnate del capitalismo digitale che spaccia libertà di pensiero un tanto al tweet. È Willi Münzenberg. Che ha scritto un libro-lascito: Italie. Diffidando dei ridicoli media sociali, ne abbiamo più volte ripreso i pensieri, certi della necessità di fissare, e conservare, la sapienza dispensataci. Sono, promette l’autore, “appunti di teologia della storia per la rinascita dell’Italia”. Chiaramente, il libro, lontano dai circuiti dell’amichettismo editoriale e del già detto, è autoprodotto e disponibile via internet. Nella promettente prefazione, Willi lascia intravedere un futuro migliore per questo Paese: “(…) I genitori dei giovani che fra pochi anni inizieranno la ricostruzione morale e materiale dell’Italia sono fra coloro che trarranno il maggiore beneficio dalla lettura di questo testo. Possano i loro figli in un futuro non lontano tornare a dirsi fieri di vivere e lavorare in Italia”. Non potevamo non parlarne direttamente con “lui”.
Willi, perché ha deciso di tornare proprio adesso che l’Italia è al punto più basso della sua storia trimillenaria?
«Rivolta al giovane Arbasino che era andato a trovarla, la moglie di Céline disse: “Ferdinand diceva che solo gli italiani lo capivano”. Lo stesso vale per Münzenberg: era troppo, Willi, per i suoi connazionali tedeschi. La sua opera può essere compresa veramente solo dagli italiani. Oggi sarebbe felice di condurre la battaglia contro il trotzkismo, lui, definito da Trotzkij, “il più infame degli agenti di Stalin”».
Qualcuno la etichetta con la ridicola accusa di essere megafono di Stalin. Che opinione si è fatta del Generalissimo?
«Di famiglia israelita convertita alla fede cattolica e ortodossa, Dzughasvili, fra i 15 e i 20 anni, viene formato nel seminario teologico di Tiflis della Chiesa cattolica e ortodossa russa, allievo fra gli altri di padre Dmitrij, ieromonaco e poi asceta, già principe David Abashidze. Non ne dimenticherà gli insegnamenti. Lenin con il testamento prova a fermarlo scrivendo che “è troppo rozzo”. Parla il russo con forte accento georgiano. Ma parla anche 7 lingue, e sta per diventare il Generalissimo Stalin. A Lenin – i cui primi atti con la sua cricca trotzkista al potere nel 1918 sono l’introduzione dell’infanticidio di stato e l’adozione del calendario “gregoriano” – risponde subito. Abolendo l’infanticidio di stato, e liquidando un’altra infamia voluta da Lenin e Trotzkij, cioè il passaggio all’alfabeto latino da quello greco (“cirillico”) custodito dai russi. Nel gennaio del 1930, infatti, la Commissione per la latinizzazione, guidata dall’israelita Jakovlev, ha pronto il progetto per la latinizzazione della lingua russa, considerata “inevitabile” già da Lunacharskij nel 1918. Li liquida tutti. E prepara la Russia alla guerra, inevitabile, con la Germania – che della Russia dovrebbe essere sorella – guidata da uno strano austriaco che nessuno sa da dove venga. Moriranno 20 milioni di soldati fra russi e tedeschi. Per non dire delle decine di milioni di perdite civili».
Proprio l’ex seminarista georgiano ha ricevuto una lettera, proprio dal Libano, nel corso della guerra con l’imbianchino austriaco…
«Quando i tedeschi erano ormai alle porte di Mosca, dopo aver cinto d’assedio S. Pietroburgo, era stato il Generale Shaposhnikov in persona a portare a Stalin la lettera di Padre Elia giunta dal Libano. A Padre Elia, la Madre di Dio apparsa al termine di tre giorni di preghiera aveva detto che per salvare S. Pietroburgo e quindi la Russia bisognava che le chiese e i monasteri russi venissero riaperti. Che il clero in carcere fosse liberato. E l’icona della Madonna di Kazan fosse portata in processione a San Pietroburgo, Mosca e Stalingrado. Così avvenne. Dopo la processione a S. Pietroburgo, l’icona fu trasportata a Mosca, e quindi a Stalingrado, dove fu portata in processione. Stalin diede quindi ordine di riaprire al culto ben 20.000 chiese e con particolare solennità due dei santuari più venerati dal popolo: quello della Trinità di San Sergio e quello delle Tre Grotte a Kiev. Stia pur certo che Stalin, quando viene liquidato nel 1953, aveva in mente di rimettere lo Zar sul trono. Della Russia aveva compreso la missione storica, che non può essere compresa certo con la geopolitica».
A dicembre ricorrono i 100 anni dalla morte di “Parvus”. Che opinione si è fatta di Unus, il Dr. Helphand ovvero di Parvus Efendi?
«Era un mio amico, Parvus. Con lui condividevo la passione per il lusso: anche se io mai mi diedi alla sfrenatezza sessuale come favevano tanto Helphand che D’Annunzio. Oltre a controllare Lenin a Zurigo, Parvus fu molto più che il semplice finanziatore di Trotzkij: dal giorno in cui iniziarono a vivere insieme a Monaco nell’autunno del 1904, fino alla morte a Berlino in piena dissoluzione trotzkista detta “Weimar” del 1924, ne fu invece la guida politica e umana. C’è lui dietro la malia della “rivoluzione permanente”. Che altro non è che la ribellione quotidiana ad ogni singola legge data dal Signore alla Sua creatura diletta. Come salutava ogni persona il Signore? “La Pace sia con te”. La rivoluzione permanente è la fine della pace, innanzitutto a livello interiore. È il distillato della gnosi: il culto per l’insensato divenire, divenire. E poi distruggere, distruggere, e autodistruggersi. Non vi vede anche lei il tratto dell’epoca che sta per chiudersi in un’Europa dominata dal trotzkismo ad ogni livello?».
Perché “Italiae”? Perché Napoli?
«Italiae: dell’Italia. Gli italiani devono tornare ad amare il loro Paese e gli italiani cessando ogni autocommiserazione. Dal “familismo amorale” alle idiozie di D’Azeglio per cui “fatta l’Italia, ora bisogna fare gli italiani”, pressoché ogni cliché che li riguarda è stato commissionato e pagato dalla potenza straniera che domina l’Italia unita dal 1860-61. Non è né bella né piacevole, la storia d’Italia dal 1860. Ma va innanzitutto conosciuta. In questo processo di disvelamento, Napoli svolgerà un ruolo cruciale. È a Napoli, sbarcato dalla Crimea, che Togliatti fa la svolta: mai più trotzkisti come voleva il trotzkista Gramsci. Addio al Partito Comunista “d’Italia” (PCdI). Ed ecco il Partito Comunista Italiano (PCI). Pochi mesi dopo Togliatti incontra in segreto Pio XII. Affare fatto: l’Italia socialista creata da Mussolini e Beneduce vivrà e prospererà fino al 1991. Infine, Napoli perché è lì che si consuma il tradimento che renderà possibile la messinscena dei “Mille”. Anche per questo Napoli, in margine agli eventi di portata storica ormai all’orizzonte, vedrà l’incoronazione del nuovo Re d’Italia».
Il grande Luca Signorelli ha raffigurato, proprio a Orvieto, la predica dell’Anticristo che “pretende” di essere vero. Ek mesou genetai, no? Lei lo ha visto il Male tra noi?
«Basta guardarsi intorno: cosa pensa sia inneggiare a Sodoma e Gomorra? le capita di fare la spesa i guidare, a Roma o altrove? Non nota come le persone siano oltremodo aggressive e fuori da sé?»