Trump ritorna all’attacco sui dazi e colpisce 14 Paesi. I novelli generali Disgraziani, come nel 1911, cacciati dalla Libia. Il Tazebao del giorno

Condividi articolo:
SEGUICI SU TELEGRAM:

Il TazebaoQuarantotto ore fa l’inizio di una nuova guerra. Non militare, stavolta, bensì commerciale: The Don ci riprova e lancia una nuova ondata di dazi tra il 25% e il 40% contro 14 Paesi, senza differenziare tra alleati, nemici e forze neutrali. Giappone, Corea del Sud, Sudafrica, Kazakistan, Laos, Malesia, Myanmar, Tunisia, Bosnia-Erzegovina, Indonesia, Bangladesh, Serbia, Cambogia e Thailandia sono finiti nell’occhio del ciclone americano e rischiano, beninteso, non poco. Rischiano, sì, perché tra l’annuncio dei dazi e la loro effettiva entrata in vigore la differenza concettuale e la distanza temporale fattiva, come abbiamo già visto, può essere anche molto netta. Il pericolo è comunque reciproco, nonostante penda ovviamente a sfavore dei Paesi meno sviluppati, soprattutto considerando che molti di questi, come Thailandia e Cambogia, hanno negli Stati Uniti uno dei primi mercati di esportazione; vi sono poi le minori entrate e la conseguente perdita di competitività e posti di lavoro in settori chiave come il tessile, il calzaturiero e l’elettronico, ma l’aumento dei prezzi e l’inflazione negli Stati Uniti stessi non sono da trascurare. Ma altri sipari e siparietti sono andati in scena tra due Paesi egualmente vittima dei dazi trumpiani, ovvero Italia e Libia. Una delegazione europea composta anche da ministri greci e maltesi insieme al Commissario europeo per le migrazioni, e in cui figurava il ministro Piantedosi, è stata infatti dichiarata sgradita in blocco dal governo libico-orientale e rimandata indietro, per aver «violato le procedure ufficiali delle visite diplomatiche» e «omesso procedure di ingresso e soggiorno di diplomatici stranieri»: il Generale Haftar, a capo di detto governo, si è rifiutato di riceverli senza rappresentanti del resto della compagine, non riconosciuta dall’UE che invece fa riferimento a Tripoli, a sua volta non legittimata da Bengasi ma dalla delegazione incontrata previamente. Se la delegazione italiana ha ricevuto uno smacco politico e diplomatico degno del 1911, sollevando più di un interrogativo sulla capacità di Tajani di rapportarsi con contesti delicati e complessi in veste di ministro degli Esteri, nondimeno non sono da sottovalutare le dinamiche interne alle varie fazioni in lotta all’interno della Libia: chi può sicuramente avvantaggiarsene è ad esempio la Turchia, a cui l’amministrazione nord-orientale va sempre più avvicinandosi, e in tale chiave è da leggersi l’altrettanto sonoro schiaffo rifilato ai rappresentanti greci in questo quasi tragicomico contesto. (JC)

Cerca un nuovo articolo

Resta sempre aggiornato
Scopri Il Tazebao

Ho letto la Privacy Policy

Il Tazebao
Scopri altri articoli