Traiasca Romania! L’economia è in rosso, il problema è veramente Georgescu? E i romeni tornano in piazza

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Un primo approfondimento sulla Romania, grazie a un osservatore diretto e privilegiato, alla luce delle proteste per la decisione della Corte.

Il Tazebao – La situazione economica della Romania è in caduta libera. Un recente provvedimento del governo romeno ha congelato salari e pensioni al novembre 2024; non solo, mentre i prezzi continuano a salire, lo stato spende miliardi per aiuti all’Ucraina, nella costruzione di nuove basi NATO e nel rafforzamento dell’esercito. Sedicenti profughi ucraini in fuga dalla guerra col SUV da 100.000€, ricevono aiuti e contributi statali, salari più alti di quelli dei romeni e agevolazioni d’ogni genere.

Il governo romeno spende miliardi per costruire nuove autostrade destinate ad agevolare il trasporto di prodotti da e per l’Ucraina verso il porto di Costanza, prodotti venduti a prezzo politico che annientano i produttori e le imprese locali con una concorrenza sleale e un mercato drogato. Proprio le imprese che fino a un paio d’anni fa sembravano la forza della Romania, registrano un saldo passivo con 70.000 chiusure a fronte di 40.000 nuove attività. Un -30.000 secco. Un rapporto EUROSTAT certifica che nel 2024 il 34% dei romeni è a rischio povertà.

A questo si aggiungono le stupide direttive UE che vogliono vietare l’uso della legna per stufe e caminetti, imporre la macellazione dei maiali con l’anestesia e altre idiozie ursuline che vanno a danno delle tradizioni e dell’economia romene, tradizioni che per esempio, non sono compatibili con la lurida cultura woke, tutta nordamericana.

Inoltre, tutte le ricchezze del paese in termini di risorse naturali e agricole, vengono depredate dalle multinazionali occidentali.

Campi agricoli alla Monsanto, foreste di legname pregiato all’Ikea, gas, petrolio, oro, uranio alle corporations occidentali.

Le industrie non pervenute, tutto ciò che era stato costruito nella Epoca de aur del socialismo, è andato perso smembrato e demolito dalle multinazionali occidentali.

Capita, sempre più spesso, di leggere in giro per la Romania slogan scritti sotto il ritratto di Ceaușescu che dicono “ciò che io ho costruito, voi non siete capaci nemmeno di imbiancarlo”.

Premesso quanto sopra, ecco le elezioni presidenziali del dicembre scorso. Vince il primo turno un candidato semisconosciuto, Calin Georgescu con circa il 23%, seconda una certa Lasconi, sindaco di Câmpulung, una che si vanta di avere la figlia lesbica. Georgescu è uomo sicuramente di destra ma che fa propaganda sui social contro NATO e UE a favore del un riscatto nazionale.

Al secondo turno, a votazioni già iniziate, la CCR, Corte Costituzionale Romena, annulla tutto il processo elettorale accusando Georgescu di aver preso finanziamenti illegali dalla Russia, ha stato Putin come al solito. Un vero e proprio colpo di stato da parte dei 9 giudici costituzionali che hanno voluto impedire l’ascesa di un candidato che avrebbe messo in crisi la partecipazione della Romania allo scacchiere militare antirusso. Se non vince chi vuole la NATO non vale.

Fanno le indagini del caso ed esce fuori che non c’è stato nessun flusso finanziario proveniente dalla Russia in favore di Georgescu, anzi, pare che i finanziamenti provengano nientemeno che dal PNL, Partito Nazional Liberale aderente in Europa al PPE: un partito di governo. Il giochino era foraggiare lo sconosciuto dato perdente designato per sottrarre voti alla concorrenza, la classica lista civetta. Invece gli è andata male, Georgescu con la sua campagna elettorale sui social e le sue posizioni patriottiche anti NATO/UE, ha fatto il pieno e la manovra del PNL si è rivelata un boomerang.

Quando la CCR ha annullato le elezioni il secondo turno era già in corso all’estero e i primi exit poll lo davano all’83%.

In seguito, è iniziata la battaglia legale a colpi di ricorsi e contro ricorsi. La corte di appello aveva fissato l’udienza del ricorso per il 31/12/24, sperando che i romeni restassero a casa a mangiare salsicce, stappare spumante e sparare i botti di capodanno. Invece, un gran numero di loro si è presentato ai cancelli della corte, ha sfondato i cordoni di polizia (che non ha fatto molto per impedirlo va detto) e ha fatto irruzione all’interno della corte.

Preso atto di quanto sopra, vengono indette nuove elezioni, tutto da capo, primo turno il 4 maggio, eventuale ballottaggio il 18. Fra 5 mesi, per vedere se, nel frattempo, il governo riesce a intortare la popolazione, inventare qualche falsa accusa contro Georgescu, presentare un nuovo candidato di coalizione e neutralizzare così il candidato scomodo. Il presidente romeno ha perfino prorogato illegalmente il mandato di primo ministro a Marcel Ciolacu.

Tutto questo ha tolto i freni alle proteste popolari, che già dal dicembre scorso serpeggiavano nella popolazione, e sono iniziate le manifestazioni. Dapprima come sporadiche adunate nelle principali città, oggi manifestazioni imponenti che vedono la sede della CCR a Bucarest presa d’assedio dal popolo romeno, il tutto nel giro di una settimana con progressione esponenziale. Le manifestazioni al momento in cui scrivo sono ancora in corso nonostante sia un qualsiasi giorno di lavoro, e più passa il tempo più arrivano manifestanti a ingrossare le fila del raduno. Le TV romene stavolta non hanno potuto ignorare i fatti e stanno trasmettendo in diretta l’evolversi della situazione.

Fra i tanti slogan si sente gridare: “Georgescu presidente”, “Iohannis ladro e traditore”, “libertà libertà”. I manifestanti esibiscono cartelli con scritto “abbasso la dittatura”, “quando la giustizia diviene ingiustizia la legge la facciamo noi” e via dicendo. Intorno migliaia di bandiere nazionali romene, nessuna bandierina blu NATO o UE.

Siamo a una evidente svolta, alcuni partecipanti intervistati, dichiarano che non se ne andranno dalla piazza finché non avranno ottenuto il risultato che vogliono, le dimissioni del presidente Iohannis e del governo ed elezioni riprese dal punto in cui erano state lasciate.

Le ripercussioni a livello internazionale e geopolitico della salita di Georgescu alla presidenza della Romania potrebbero assumere proporzioni devastanti per l’Occidente collettivo, ma la storia è in corso, staremo a vedere.

Non posso che fare i miei migliori auguri e dare tutto il mio sostegno e la mia solidarietà al popolo romeno, un popolo, ricordiamoci, multi-etnico che mi fa sperare per il futuro, che si è già fatto fregare una volta dalla rivoluzione colorata che ha deposto e assassinato Ceaușescu e, quindi, non cadrà due volte nella stessa trappola. Spero anche che quella in corso divenga la miccia per innescare i popoli d’Europa e portarli al riscatto.

Mi dispiace per il popolo italiano che per ora non alza un dito nonostante la situazione sia più o meno la stessa di quella romena se non peggiore. Non si vede il minimo segno di una riscossa, ma questa è un’altra storia. Mi ricordo che in Italia, paese dov’è nato il capitalismo proprio a Firenze, ci fu il tumulto dei Ciompi, la prima rivolta operaia della storia 500 anni prima di Marx.

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