Il Tazebao – Non accennano a placarsi le spinte secessioniste nel sud della Siria, con scontri adesso interni nella provincia di As-Suweida tra drusi e beduini, che hanno già causato una ventina di vittime e una decina di feriti al momento (tra cui anche bambini) e sarebbero stati causati da un fatto verificatosi sull’autostrada che collega la città alla capitale: dei combattenti beduini avrebbero accerchiato e picchiato un giovane druso, innescando un ciclo di rappresaglie e scontri da ambedue le parti. L’intensificazione del conflitto ha dato fornito al governo centrale il casus belli per intervenire contro i drusi, ma immediata è stata la risposta di Israele, ufficialmente schierata al fianco di questi ultimi: l’aviazione delle IDF ha, infatti, iniziato a bombardare veicoli e depositi di armi dell’esercito siriano per impedirgli il disarmo delle milizie e la riconquista del controllo sulla regione. Sono stati però colpiti addirittura il palazzo presidenziale e le sedi del Ministero della Difesa a Damasco, con un messaggio esplicito fatto pervenire ad Al-Sharaa tramite l’Egitto: «Il tuo regime cadrà entro poche ore a meno che non cessi il massacro contro i drusi e ti ritiri da Suwaida». I villaggi locali avrebbero nel frattempo dichiarato la mobilitazione generale, mentre i miliziani della nuova giunta damascena di Hayat Tahrir al-Sham si sarebbero dati a saccheggi, furti e violenze nelle case e nei quartieri come rappresaglia. Il prematuro cessate il fuoco dichiarato dal Ministero della Difesa stesso è stato messo in dubbio persino da giornalisti sostenitori del regime, come Omar al-Harir, il quale ha affermato che «la dichiarazione non riflette la realtà sul campo», mentre alle dichiarazioni di raggiunto accordo e smobilitazione di uno dei leader drusi, lo sceicco Yousef Jarbou, fanno da contraltare gli appelli alla resistenza dal suo collega Hikmat al-Hajri, raccolti peraltro con l’occupazione degli edifici governativi ad As-Suweida da parte dei rivoltosi. Molti sono ancora i convogli in movimento in città, seppur sotto il tiro dei missili israeliani, in un crogiolo di interventi esterni che nessuna delle due comunità ha richiesto. E le armi, come ovunque nel mondo odierno, sono l’unica cosa che sta salvando i drusi dalla ripetizione del destino degli alawiti sulla costa, che ancora continuano a morire: per loro si parla, al momento, di una conta compresa tra i 1.500 e i 1.600 morti e decine di scomparsi in questa metà anno seguita alla caduta di Bashar al-Assad. È di ieri, infatti, l’annuncio del presidente ad interim Ahmed Al-Sharaa circa il ritiro di tutte le forze governative dalla città simbolo della rivolta drusa, sebbene siano emersi nuovi video che indicherebbero al contrario «l’entrata delle forze siriane» in essa. (JC)

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Il Tazebao – Londra e Berlino adesso sono insieme, la seconda sotto la prima, con le armi puntate verso Mosca.