Il Tazebao – Finora marginale nei grandi sommovimenti e sconvolgimenti che stanno interessando l’Africa, adesso anche il “pacifico” Camerun si vede travolto da scontri e manifestazioni. Non era stato ancora annunciato il risultato definitivo delle elezioni parlamentari che i sostenitori del presidente attuale Paul Biya (riconfermato col 53.66% per un ottavo mandato: il primo nel 1982, sebbene sia stato eletto Primo ministro già nel 1975) e quelli del candidato dell’opposizione Issa Tchiroma Bakary, suo ex ministro dei Trasporti dal 1992 al 1996 e delle Telecomunicazioni dal 2009 al 2019, hanno dato vita a barricate e tumulti nelle città di Douala e Garoua, dove il bilancio ammonta attualmente a centinaia di arresti tra i dimostranti e 30 tra politici e attivisti. Entrambi i candidati rivendicano infatti la vittoria, pur se il 92enne Biya, attualmente il presidente più anziano al mondo e, si dice, alle prese con gravi problemi di demenza avanzata, ha visto i suoi consensi colare a picco di 18 punti percentuali, rispetto al più convincente 71% delle elezioni del 2018. Poca è comunque la possibilità che si verifichino scenari “da Sahel”: entrambi i partiti aderiscono a una visione liberale classica. Il Fronte per la Salvezza Nazionale del Camerun, che ha sostenuto Tchiroma, è caratterizzato da un programma estremamente generico su «riconciliazione dei camerunesi», «salvaguardia delle libertà fondamentali» e «tolleranza e accettazione della diversità», quasi una fotocopia di quello del partito di governo, il Movimento Democratico del Popolo Camerunese, che vi aggiunge soltanto un accenno a proposito della tutela del bilinguismo (vi è una fetta anglofona della popolazione che non di rado ha espresso volontà indipendentiste) e del contributo all’instaurazione di «un ordine mondiale più giusto». In situazioni come queste, è comunque facile che si infiltrino varie forze che possano sterzare il malcontento verso altri lidi e stravolgere, potenzialmente, lo stato di cose. (JC)
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