Il Tazebao – Chi sperava in una “rapida fine del conflitto ucraino” dopo il vertice di Anchorage ha dovuto subire delusioni analoghe a chi se l’aspettava dopo gli incontri di Istanbul, forse ancor più scottanti a causa della coazione a ripetere di chi pensa ancora che un “Grande Vertice” possa cambiare la Storia in un giorno. Accade così che, negli ultimi due giorni (24-26 agosto), Russia e Ucraina si sono scambiati violenti attacchi sulle reciproche infrastrutture militari ed energetiche: domenica notte la prima ha colpito con particolare veemenza la città di Sumy, causando diffuse interruzioni di energia elettrica e gravi danni a diverse sottostazioni critiche, altri insediamenti nella regione e buona parte delle città ancora controllate dagli ucraini nella Repubblica Popolare di Donetsk, come Novoandreevka, Druzhkovka e Slaviansk, oltre a obiettivi nelle regioni di Cernigov e Kharkov. Gli ucraini hanno replicato con ondate di attacchi con droni sulla Crimea (ancora da confermare eventuali danni da parte delle autorità locali, Kiev afferma di aver colpito le infrastrutture ferroviarie a Dzhankoi e una sottostazione elettrica a Krasnogvardeiskoye, le fonti occidentali narrano di rialzi dei prezzi del gas e di «seri problemi di approvvigionamento nelle isole Curili») e sull’oblast di Leningrado, particolarmente a San Pietroburgo, dove, nonostante i 6 droni lanciati siano stati intercettati senza alcun danno, l’attacco ha un peculiare significato simbolico poiché è il primo dopo dieci mesi esatti, quando un’azione analoga riuscì a danneggiare l’infrastruttura del porto. Non si è fatta attendere la risposta russa, che ha interessato obiettivi militari, energetici e logistici nel Donbass e nelle regioni di Sumy, Kharkov, Dnipropetrovsk, Cernigov, Zaporozhie e Kherson, per un totale di 59 droni russi contro i precedenti 43 ucraini. Sul terreno, intanto, le truppe della Federazione Russa continuano a macinare chilometri (il giorno prima del vertice di Anchorage hanno conquistato una dozzina di villaggi in un colpo solo nella RP di Donetsk), mentre la strategia euro-atlantica per far fronte a questa situazione dai contorni sempre più irreversibile resta fosca, come il futuro prossimo che si preannuncia: Ungheria e Slovacchia se ne sono accorte dopo i bombardamenti ucraini sul «Druzhba», ma quanto passerà prima che si adottino contromisure concrete contro la radice del male? (JC)

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