Quella “mano” italiana che sbuca nel caos siriano: quanto c’è di vero? Il Tazebao del giorno

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Il Tazebao – Sullo sfondo del puzzle siriano tornato a decomporsi dopo quattro anni di relativa stabilità, la settimana scorsa la sezione araba del quotidiano britannico The Independent ha pubblicato il video di un’inchiesta sommaria condotta da un suo giornalista nella sede abbandonata dell’intelligence dell’ex Repubblica Araba Siriana a Damasco; secondo quanto ricostruito da Il Post, tra i vari documenti sfogliati, ne è emerso uno concernente anche una telefonata tra Hassan Luqa e Giovanni Caravelli, rispettivamente direttori dell’ormai defunto Mukabarat e dell’AISE, datato 5 dicembre, ovverosia tre giorni prima della caduta della capitale siriana. La spiegazione che gli altri dirigenti dell’intelligence italiana hanno dato del sunto siriano (poco chiaro, a desumere unicamente dai fotogrammi del video), il «sostegno» dell’Italia alla Siria celava in realtà l’obiettivo di ottenere rassicurazioni sull’incolumità dei cittadini e dei diplomatici italiani ivi operanti, oltre che delle comunità cristiane locali. L’Italia aveva, infatti, riaperto la sua ambasciata damascena a fine luglio, prima tra i Paesi del G7, nel contesto delle riaperture diplomatiche di Assad inaugurate col ritorno della Siria nella Lega Araba e l’inizio della normalizzazione con la Turchia. Nessuna “offerta di sostegno” a quest’ultimo, dunque, tanto più che nello stesso documento veniva sottolineato come «il supporto della Russia non può essere trascurato», facendo riferimento ai bombardamenti mirati da parte delle forze di Mosca sulle postazioni delle milizie jihadiste, che hanno inflitto loro perdite per oltre un migliaio di uomini nella loro offensiva del 30 novembre. (JC)

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