Il Tazebao – Tempi duri per l’Ucraina, a tre mesi dal quarto anniversario dall’operazione militare speciale che, pur avendo potuto vedere più volte una rapida soluzione da quello storico, ma purtroppo naufragato, vertice di Istanbul del 2022, si sta trascinando con costi sempre più alti sia per il suo popolo che per il suo governo. Fallito infatti l’ultimo tentativo di tregua, con la proposta da parte di Putin di un’interruzione delle operazioni nell’area di Pokrovsk e Mirnograd per consentire l’accesso dei giornalisti stranieri, ucraini compresi, onde documentare la condizione delle forze armate di Kiev, i combattimenti sono proseguiti: adesso, oltre a queste due città, l’Ucraina è sul punto di perdere, anzi, riperdere (l’aveva riconquistata a seguito della ritirata tattica russa del settembre 2022), la città di Kupyansk, la più grande dopo il capoluogo della regione, Kharkov. Quivi, nell’ultimo mese, le forze russe hanno conquistato anche gli insediamenti di Otradnoye, Borovskaya Andreevka, Tykhoye, Peschanoye e Sadovoye. Il fronte si muove anche nella RP di Donetsk, ove sono state liberate Fedorovka, Novopavlovka, Plesceevka, Lenino, Chunishino, ma soprattutto tra le regioni di Zaporozhye e Dnepropetrovsk: se nella prima passano anche de facto alla Federazione Russa i villaggi di Novovasilevka, Poltavka, Pavlovka, Novonikolaevka, Privolnoye, Krasnogorskoye, Uspenovka (un’area fortificata complessa, piena di postazioni di tiro e ostacoli ingegneristici) con conseguente bonifica di 11 km² e la presa di Rybnoye, a Dnepropetrovsk si registrano importanti avanzamenti a est del fiume Yanchur: prese infatti Novogregorevka, Alexeevka, Privolye, Ivanovka, Egorovka e Vishnyovoye, con ripulitura di 10 km² e la cattura di Volcye, Sladkoye e Novoye. Con un’Europa sempre più decisa al riarmo e una Washington incerta e desiderosa di fornire i Tomahawk a Kiev (senza quindi alcuna prospettiva di serio miglioramento delle relazioni con Mosca, l’annullamento seppur momentaneo del vertice di Budapest ne è un esempio), del tritacarne ucraino non si vede la fine, perlomeno sul breve periodo. Anzi, gli ultimi attacchi sulle infrastrutture energetiche, assai più ampi e dolorosi di quelli ucraini sulle raffinerie russe, sono riusciti a disabilitare per qualche ora l’intera rete elettrica nazionale: un passo che può esser preso a pretesto per nuove escalation nella fornitura di armi, sì, ma anche un costo maggiore da ripianare alla fine del conflitto. Probabilmente uno dei tanti motivi per cui a ovest non se ne vuole la fine. (JC)




