L’Operazione Promessa Veritiera-3 è già in corso: tra Israele e Iran è di fatto guerra totale. Il Tazebao del giorno

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Il Tazebao – Un anno e due mesi esatti dopo il primo scambio diretto di attacchi tra Israele e Iran, tra i due Paesi è a tutti gli effetti scoppiata una guerra totale. L’Operazione Promessa Veritiera-3, che segue quelle del 13 aprile e del 1° ottobre dello scorso anno, sta proseguendo ancora adesso, ma vede un’estensione di danni incomparabilmente maggiore da ambedue le parti: se i primi sono riusciti a uccidere altri quattro generali (Gholam Reza Mehrabi, vice capo di Stato Maggiore dell’intelligence delle forze armate; il Maggiore Generale Mehdi Rabani, vice capo delle operazioni presso lo stato maggiore; generale di brigata Mohammad Kazemi, capo dell’intelligence dei Guardiani della Rivoluzione Islamica, e i comandanti Hassan Mohaqqeq e Mohsen Bagheri) e colpire il quartier generale dei Pasdaran e il palazzo del Ministero di Giustizia con vari bombardamenti su Teheran, i missili iraniani nondimeno hanno centrato il distretto finanziario di Tel Aviv, il quartier generale dell’esercito, il Ministero dell’Economia, le basi militari di Tel Nof e Nevatim, l’aeroporto Ben Gurion e altre postazioni di difesa aerea nella zona di Haifa, una piattaforma di gas al largo della costa di Gaza, un centro di ricerca nucleare e il laboratorio dell’Istituto Scientifico Weizmann a Rehovot, uno dei più importanti centri di ricerca scientifici di Tel Aviv. Colpite pesantemente Tel Aviv e Haifa, di cui è stata sostanzialmente distrutta la raffineria, una delle colonne portanti dell’economia israeliana. Molte, però, le esplosioni anche a Teheran, causate tuttavia dall’attivazione delle quinte colonne interne, decisa sistematicamente dal Mossad a seguito del sostanziale fallimento degli attacchi aerei, laddove quasi tutti i droni sono stati intercettati, 44 al momento, e qualche F-35 abbattuto, anche se in Iran parecchi lanciamissili e basi di lancio sono andati distrutti ma senza danni per le armi, previamente dislocate: si parla infatti di due agenti israeliani arrestati nella provincia di Alborz e di una decina di operativi iraniani arrestati dallo Shin Bet, ma le detonazioni da autobomba nell’ex Persia non sono trascurabili. In entrambi i Paesi si contano danni alle infrastrutture militari e industriali, alle raffinerie, agli aeroporti e alle reti elettriche, oltreché a vari impianti nucleari (non a Natanz e Isfahan, che continuano a funzionare) ed emergono immagini di coloni in fuga collettiva dai propri insediamenti nello Stato ebraico: al momento si contano 78 morti e centinaia di feriti in Iran, perlopiù civili, e 200 vittime complessive (tra morti – probabilmente intorno ai 20 – e feriti) in Israele, in una guerra che sembra, al netto della sua fisiologica nebbia, mirante al reciproco annientamento: sono state prese di mira addirittura le residenze di Khamenei e Netanyahu. Divisa anche la comunità internazionale: se l’Occidente si è schierato compatto con Israele, dalla parte dell’Iran ci sono Pakistan (che ha annunciato addirittura la disponibilità a colpire il primo con le armi nucleari in caso di escalation), Cuba, Arabia Saudita, Oman, Yemen, Venezuela, gli Stati del Golfo e persino il Giappone, l’Armenia, la Turchia, la Russia e la Cina. È il Canale 14 israeliano, infatti, a riportare che Pakistan, Cina e Russia starebbero aiutando la Repubblica Islamica nel trasporto aereo di carichi che includono missili. Neutralità benevola, poi, per Indonesia e Azerbaigian, che non concederà il proprio spazio aereo agli attacchi israeliani, come l’Iraq: da quest’ultimo è partito, tra le altre cose, un attacco al consolato americano a Erbil, probabilmente ad opera dei Kataib Hezbollah. Gli Ansarallah yemeniti hanno lanciato qualche missile ipersonico verso Tel Aviv, mentre palestinesi e libanesi festeggiavano. Teheran, intanto, ha annunciato la fine delle comunicazioni con l’AIEA e il prosieguo del programma nucleare: un nuovo passo verso l’approntamento della bomba atomica? (JC)

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