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“Liberi tutti…liberi tutti”. La libertà e noi

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A proposito del tanto discusso e impellente DDL Zan…

“Libertas, quae non in eo est ut iusto utamur domino, sed ut nullo”
“La libertà non è avere un padrone giusto ma non averne proprio”
Cicerone, De re publica, II, 43

È un vecchio adagio che la libertà si apprezzi veramente quando la si è perduta. Ma ancor prima di perderla – si veda alla voce lockdown – la libertà aveva ancora un valore riconoscibile? O esso si era sbiadito e alla lunga dissolto? Una volta rotti tutti gli schemi, perse tutte le inibizioni, riconosciuti tutti i diritti a tutti quanti – seppur anche solo formalmente – di libertà ce n’è stata fin troppa e, quindi, essa, donata senza fatica, lontano il ricordo delle fatiche passate per conquistarla, aveva effettivamente perduto il suo valore.

Non c’è stata più tensione, né lotta, né ricerca di una contrattazione con il potere, che al contrario se la passa alla grande, di spazi di libertà reale. L’appiattimento delle differenze, il livellamento generale, sottoprodotti del nuovo modello culturale, di cui, per esempio, è paladina Disney (che poi in casa propria si comportano molto peggio), uniti alla perdita di coscienza collettiva, al drastico calo della qualità dell’istruzione, esemplare la castrazione dell’educazione classica a favore di competenze “richieste dal mercato” (come se la passano le decine di migliaia di cuochi e camerieri adesso?) che era una vera scuola di libertà e medicamento dell’animo, hanno fatto il resto. In sintesi: non esiste libertà graziosamente concessa, esiste la lotta con il potere per la libertà.

La libertà è lotta per la libertà

È bene precisare che quello di libertà è un concetto ampio e quindi per forza esageratamente vago. Senza fissarsi sulla libertà positiva o negativa, questo concetto comprende la libertà di movimento, mutilata di netto nell’ultimo anno e senza particolari recriminazioni – era prevedibile vista la già denunciata dismissione della lotta e il decadimento degli strumenti di partecipazione collettiva – la libertà di associazione, la libertà di pensiero. Quest’ultimo, il pensiero, è quanto di più libero possa esistere.

La mente umana ha potenzialità infinite e può, con la fatica e lo studio, sondare ogni spazio e scoprirne di nuovi. Più l’uomo si interroga, più scopre del mondo e, soprattutto, di sé. Il pensiero vola alto e libero, persino quando il corpo è in catene o inabile. Proprio per questo ogni colpo al pensiero, qualunque esso sia, da qualunque parte provenga, rappresenta un attentato alla libertà. Del singolo individuo certo ma anche della collettività, che potrebbe beneficiare o meno di qualunque pensiero.

Ogni pensiero, per quanto non condivisibile, purché si accetti di vivere in una democrazia compiuta, merita il suo spazio o comunque la possibilità di alimentare dibattito e crescita della stessa società. Ogni pensiero può stimolare le più variate reazioni, favorevoli, contrarie, indifferenti. Stizzite, schifate, ostili. Che comunque possono migliorare la società, in un senso o nell’altro. In più, il pensiero è, comunque, fonte di cambiamento e di altro pensiero. Ammesso che, appunto, si riconosca dignità e spazio ad ogni pensiero.

Le voci “contro” hanno sempre fatto bene all’umanità

Certo che se, nella storia, tutti avessero deciso di assecondare i modelli imposti dal potere non ci sarebbe stato alcuno sviluppo. Senza trasgressione, senza rabbia non ci sarebbe stata buona parte della produzione culturale degli ultimi cento anni almeno, basti citare le Avanguardie, ma la lista potrebbe andare ancor più indietro e con esempi ancor più illustri. Senza contro-pensiero, contro-narrazioni non ci sarebbe stato alcun progresso dell’uomo.

Proprio il restringimento degli spazi di libero pensiero, financo la costrizione o il divieto imposto per legge, rappresentano un serio problema per il bene delle società e sicuramente per i settori della produzione culturale. A meno questa o in generale il pensiero non si limitino al confermare lo status quo, al corroborare le istanze del potere, al massimo ad una contestazione tenue e programmata per cui fa tendenza fare, vestirsi da ribelli. Ma come può esserci creatività se ci sono dei blocchi di partenza, delle chiuse al pensiero?

Insomma, il DDL Zan è preoccupante proprio per questo. Perché, nel tentativo, anche condivisibile di tutelare una minoranza, può compromettere gli spazi di libertà di pensiero di tutti (minoranze stesse). Si può dirlo, si può scegliere di non dirlo, si può dirlo in miriadi di modi diversi, del resto l’italiano è una lingua feconda, provocando le più differenti reazioni. Si può dire gay o “finocchio”, a seconda dei contesti. Imporre di non dirlo, a prescindere, o, ancor peggio, prevedere delle sanzioni – meglio non pensare a come sarebbero i vari processi – rischia di impoverire tutta la società.


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