L’avanzata di Israele in Siria, nel silenzio e nelle giustificazioni di “autodifesa”. Il Tazebao del giorno

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Il Tazebao – Approfittando del caos seguito alla caduta del governo di Assad, lo stesso giorno della caduta di Damasco (8 dicembre) il governo israeliano ha improvvisamente dichiarato decaduti gli accordi del 1974 e ha lanciato un’operazione militare volta a impadronirsi «per sempre» (nelle parole del Primo ministro Benjamin Netanyahu) di tutta l’area del Golan. Occupata Qunaitra, le IDF si sono espanse fino ai villaggi di Rima, Durbul, Beit Jin, Hader, Baath, Um Batina, Rwaihina, Maalaqa, Saida, catturando anche il Castello di Jandal a 20 km da Damasco e la Diga di Al-Wahda sul fiume Yarmouk, impossessandosi così dell’approvvigionamento idrico della Siria meridionale, del Libano e della Giordania. Questo ha rinfocolato divergenze all’interno del fronte dei “ribelli” che hanno formato il nuovo governo siriano, tra fazioni che non vogliono scontrarsi con Israele (per paura o esplicito sostegno) e chi invece chiede quantomeno la “condanna della comunità internazionale”. Non che regnino pace e concordia su altri fronti: battuto l’Esercito Arabo Siriano, le milizie guidate da Hayat Tahrir al-Sham hanno rivolto le loro armi contro i curdi delle Forze di Difesa Siriane, strappando loro Manbij con l’aiuto dell’esercito turco e ampliando la propria zona di controllo a nord, mentre l’esercito americano, entrato a Ayn al-Arab, è stato visto effettuare pattugliamenti perfino a Deir Ezzor. Frattanto, si stanno organizzando piccole sacche di resistenza, a quanto si dice fedeli a Maher al-Assad (fratello minore del deposto Bashar), ed è nata la sezione curda di Hezbollah in Iraq, da dove peraltro sono tornati in patria molti dei soldati fuggiaschi del fu Esercito Arabo. (JC)

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