Il Tazebao – Lo stesso giorno odierno dell’infausto 2011 sembrò segnare la fine definitiva della Libia come Stato e come nazione. Eppure, qualche segnale incoraggiante si comincia a intravedere: quattro anni dopo la scarcerazione di Saadi, l’ex centrocampista di Perugia, Udinese e Sampdoria, sabato è stato alfine liberato, dopo dieci anni di prigionia in Libano, il quartogenito Hannibal, pur con una faraonica cauzione di 11 milioni di dollari (che si sta cercando di non far pagare). Rapito da agenti del movimento Amal in Siria nel 2012, dove si trovava in qualità di rifugiato politico dopo la caduta della Jamahiriya, l’accusa contro di lui riguardava un presunto occultamento di informazioni relative alla scomparsa, in territorio libico, dell’Imam sciita Musa al-Sadr; all’epoca dei fatti, tuttavia, Hannibal aveva solo tre anni. Il suo scagionamento arriva dunque dopo anni di lotte giudiziarie da parte dei suoi avvocati e complice anche un pesante deterioramento delle sue condizioni di salute (appena un paio di settimane fa era stato colpito da un ictus). Era l’ultimo tra i figli del Colonnello a essere rimasto in cattività: due dei suoi fratelli, Mutassim e Saif al-Arab, furono uccisi già nella guerra del 2011, un terzo, Khamis, morì in combattimento l’anno successivo; l’altro, Mohammad, meno noto se non come ex presidente del Comitato Olimpico Libico, riuscì a riparare in Oman assieme alla madre e alla sorella, raggiunti poi, a quanto si sa, anche da Saadi. Nel frattempo, prosegue la battaglia politica per la restaurazione della libertà e della sovranità della Libia: il fratello maggiore Saif al-Islam, a capo del Movimento per la Liberazione Nazionale, ha ottenuto un enorme successo alle ultime elezioni comunali, conquistando 13 comuni su 16. Un ulteriore passo verso lo sblocco dell’impasse elettorale nazionale? Internamente può essere, ma anche i fattori internazionali giocheranno il loro peso. E lì la carne al fuoco è davvero tanta. (JC)
In copertina: Wikimedia Commons