Caro Direttore,
grazie del Il Nuovo Cinema Odeon di Firenze a un anno dalla sua apertura: uno sguardo sulla città, alla cui analisi critica ma deprimente, vorrei aggiungere una riflessione barbunzosa.
Prendo spunto dal caso dell’Odeon che fu, in tempi recenti, luogo di dibattiti partecipati su argomenti di controcultura malvoluta dal pensiero mainstream; ciò avvenne poichè la proprietà del cinema ebbe l’esigenza di vendere lo spazio a chi glielo pagava e non poneva limiti al genere di clientela, i soldi non puzzano e non commettono reato di opinione, ovviamente ha corso un rischio, ma l’alternativa era l’abbandono.
Per impedire lo scempio, censurare il pensiero disallineato, qualcuno ha dovuto fare alla proprietà una proposta che non poteva rifiutare ed ecco qua il nuovo tempietto della omogeneizzazione culturale.
Se ne deduce che basta moltiplicare il fenomeno, istigare alla emulazione tutti coloro che hanno uno spazio dimenticato, suggerendo esplicitamente di farne uno spazio di controcultura, affinché qualcuno lo debba bloccare riempiendo il proprietario di soldi.
Lo so, non sempre lo riempiranno di soldi, ma le storie a lieto fine daranno coraggio a chi non ce l’ha, ed intanto si moltiplicheranno i luoghi di “ritrovo delle streghe”: in tale visione, il ruolo di SocIt si amplifica poiché offre un format pronto per trasformare un capannone occupato/abbandonato, uno stadio fatiscente, un teatro di periferia o di un paesino, in un luogo della Resistance.
Sarò cinico ma devo dire che:
Se la Renaissance viene sfruttata per dare una emozione al turista in cerca di emozioni di altri (altri tempi, altri uomini, altri meriti, altri peccati…), perché non si può fare lo stesso con la Resistance? 10, 100, 1000 Vietnam!
Magari un giorno, e può essere che non succederà mai, qualcuno si romperà i coglioni di vivere le emozioni degli altri e vorrà vivere le proprie, e lì, almeno per un po’, foss’anche per un minuto, avremo un rivoluzionario, un uomo libero, e chissà che non gli piaccia.
Mi dirai che non è niente di nuovo, la contestazione è un infatilismo aperto a tutte le età da almeno 50 anni, io dico benvenuto nella età adolescenziale e nefasto in età matura.
Quello che c’è di nuovo è che tu hai reso reale un mio istinto nobile e allo stesso tempo primordiale: la ricerca delle cose perdute, a volte sognate, a volte vissute, di quelle che danno calore alla vita fin quando qualcuno ti dice è finita, che la vita è solo amara finzione, il gioco crudele di un vecchio guardone per meglio dire: i libri persi.
Faccio un esempio la politica del gioco, titolo originario The Play Game, libro citato in letture americane di Allen Ginsberg, William Burroughs. Mai trovato, sparito, scomparso: è un’ossessione!
Quindi usare la retorica della Resistance, di cui tutti sono imbevuti e quindi retorica utile, per innestare l’ossessione per i libri persi: la cultura esaltata nel suo stesso scempio di mistificazione e spaccio di stralci di testo, pagine rubate, fotocopiate di strafogo, reliquie pagane per masse impaurite dall’analfabetismo di ritorno autoinflitto.
RT