Il Tazebao – Non sono passati inosservati, sulla stampa internazionale, gli umori tra gli ambienti più oltranzisti dello Stato ebraico. Le parole dell’ex capo del Consiglio per la Sicurezza Nazionale, per le quali «in futuro ci riferiremo a questa guerra come alla “Prima Guerra con l’Iran”, perché lo scoppio di una o più altre guerre con esso è quasi certo» riflettono uno stato d’animo abbastanza diffuso. Nonostante continuino a emergere dettagli sulla reale entità dei danni e delle distruzioni inflitte dai missili di Teheran a giugno, gli echi di queste intenzioni hanno raggiunto le redazioni di prestigiose riviste occidentali, come l’americana Foreign Policy che molto più sinteticamente titola: «La prossima guerra Israele-Iran sta arrivando». Essa addirittura si spinge a prevederne l’inizio per dicembre, se non già alla fine di questo mese, motivando l’ipotesi di una seconda fase del conflitto col più ampio obiettivo, da parte israeliana, di «modificare l’equilibrio di potere in Medio Oriente» piuttosto che limitarsi a distruggere il programma nucleare iraniano. Grattacapi però giungono già, e ancora, dallo Yemen, laddove nelle ultime settimane gli Ansarallah hanno continuato a lanciare droni e missili balistici in territorio israeliano, particolarmente sull’Aeroporto Ben Gurion e sugli insediamenti di Ashkelon e Beersheba, talora insieme ai gruppi della resistenza palestinese che il 20 luglio, tra le altre cose, hanno lanciato un missile sul piccolo insediamento di Neetiv Haasara, vicino al confine nord della Striscia di Gaza. Con Hezbollah che rifiuta, impavido, ogni disarmo, per Netanyahu non si profila alcuno scenario positivo, al netto del desiderato allargamento delle sue operazioni militari e dei massacri di civili a esse connesse in Palestina. (JC)

Sommovimenti nel giardino di casa USA: dopo 19 anni termina in Bolivia il governo del Movimento per il Socialismo. Al ballottaggio liberali e democristiani. Il Tazebao del giorno
Il Tazebao – Non è arrivata al ventennio l’epoca del partito fondato e diretto da Evo Morales fino al golpe