Il MEK si è rifatto la faccia, ma ha sempre 23 mila morti sulla coscienza

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Un articolo di Seyyed Reza Qazvini sulla presenza sempre più pervasiva del gruppo terroristico Mojahedin-e Khalq (MEK) in Europa (e anche in Italia), originariamente pubblicato da Geopolitika.ru e tradotto dall’inglese per Il Tazebao.

Il Tazebao – I Mojahedin-e Khalq (MEK), un gruppo terroristico con una lunga storia di azioni violente contro l’Iran, hanno seguito un percorso complesso e controverso sin dalla rivolta armata del 20 giugno 1981. Dopo aver compiuto attacchi terroristici su larga scala contro cittadini e funzionari iraniani, il gruppo è fuggito dal Paese e ha cercato rifugio in Europa. Oggi, il MEK non solo mantiene una presenza in Paesi come Francia, Regno Unito, Germania, Svezia, Albania e Italia, ma gode anche del sostegno politico e logistico di alcuni governi e politici europei.

Considerata la comprovata storia terroristica del gruppo, ciò solleva diverse domande importanti: perché l’Europa sostiene questo gruppo? Quali sono le implicazioni legali ed etiche di questo sostegno? E quali potenziali minacce rappresenta la presenza del MEK per la sicurezza dei paesi ospitanti?

Le ragioni del sostegno dell’Europa

Il sostegno dell’Europa al gruppo terroristico MEK è radicato in una serie di fattori politici, economici e strategici che meritano un’analisi più approfondita.

  1. Ostilità politica nei confronti dell’Iran: le tensioni di lunga data tra Europa e Iran, in particolare sulla questione nucleare e sulle politiche regionali, hanno trasformato il MEK in uno strumento per esercitare pressione su Teheran. Dopo essere stato disarmato con la forza nel 2003, il gruppo si è spostato verso attività politiche e di propaganda, tentando di ripresentarsi come un legittimo movimento di opposizione. Il MEK cerca di indebolire la reputazione internazionale dell’Iran, un risultato accolto con favore e sostenuto dagli stati antagonisti dell’Iran;
  2. Lobbying esteso e organizzato: il MEK ha investito molto nella costruzione di una vasta rete di avvocati, politici e contatti con i media in tutta Europa. Sontuose conferenze con personaggi politici come Rudy Giuliani, John Bolton e altre personalità americane ed europee, insieme a diffuse campagne mediatiche sui media occidentali, fanno parte di questa strategia. Questa attività di lobbying non solo ha facilitato la rimozione del gruppo dalle liste dei terroristi, ma ha anche garantito sostegno finanziario e politico;
  3. Interessi politici e di sicurezza nascosti: alcuni stati europei usano il MEK come leva nei loro rapporti politici con l’Iran. Inoltre, il gruppo fornisce presunte informazioni di intelligence sull’Iran e funge da fonte di informazioni per i servizi segreti europei;
  4. Rivendicazione di trasformazione: il MEK afferma di aver rinunciato alla violenza e di operare ora come movimento politico. Tuttavia, queste affermazioni contrastano con le numerose segnalazioni di continui abusi interni, tra cui coercizione, gravi restrizioni alle libertà dei membri e persino maltrattamenti fisici e psicologici nei confronti dei dissidenti. Inoltre, i leader del gruppo hanno diffuso centinaia di messaggi e dichiarazioni che incitano alla violenza e alla resistenza armata. Nonostante ciò, l’Europa sembra accettare la narrativa del MEK, forse usandola come pretesto per giustificare il proprio sostegno. Ciò riflette un doppio standard, in cui l’opportunità politica prevale sulle considerazioni etiche e sui diritti umani.

Questo sostegno sembra essere guidato più da calcoli politici che da valori democratici e, a lungo termine, una tale posizione rischia di danneggiare la credibilità dell’Europa. Sostenere un gruppo con una storia documentata di terrorismo contraddice nettamente la retorica antiterrorismo del continente.

Implicazioni legali ed etiche

Il sostegno dell’Europa al MEK comporta complesse conseguenze legali ed etiche che meritano riflessione e analisi.

  1. Contraddizione degli impegni internazionali: le leggi internazionali antiterrorismo, comprese le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, obbligano gli Stati a impedire ai gruppi terroristici di operare sul loro territorio. Sostenere il MEK, anche dopo la sua rimozione dalla lista, può comunque essere interpretato come una violazione di questi obblighi. Ciò espone l’Europa ad accuse di politicizzazione della lotta al terrorismo;
  2. Violazione dei principi dei diritti umani: numerosi rapporti segnalano gravi violazioni dei diritti umani all’interno del MEK, tra cui lavori forzati, rigide limitazioni delle libertà personali e abusi fisici e psicologici nei confronti dei dissidenti. Molti di questi rapporti si basano su testimonianze di ex membri che hanno disertato o sono fuggiti. Il sostegno dell’Europa a un gruppo del genere è in aperta contraddizione con il suo dichiarato impegno a favore dei diritti umani, minando la fiducia globale nelle istituzioni europee per i diritti umani;
  3. Indifferenza alla giustizia: le vittime degli attacchi terroristici del MEK, che si annoverano tra i 23.000 iraniani uccisi in atti di terrorismo, continuano a chiedere giustizia. Il sostegno europeo al MEK non solo ignora queste richieste, ma, di fatto, legittima gli autori di violenze. Questa negligenza non solo indebolisce le relazioni con l’Iran, ma invia anche un messaggio pericoloso ad altri gruppi violenti: con un rebranding strategico, anche loro possono ottenere il sostegno occidentale.

Queste conseguenze evidenziano una profonda incoerenza nelle politiche degli Stati europei e della stessa Unione Europea. Come può un Continente che si dichiara paladino dei diritti umani e dello stato di diritto ritrovarsi a sostenere un gruppo con una storia così tristemente nota? Col tempo, questa contraddizione rischia di isolare l’Europa per motivi morali ed etici. (…)

Vittime del terrorismo in Iran

La situazione delle persone colpite dagli attacchi terroristici del MEK, e il disprezzo dell’Europa nei loro confronti, è uno degli aspetti più tragici e trascurati di questa questione.

Secondo diversi resoconti, migliaia di persone sono state uccise in attacchi guidati dal MEK in Iran, in particolare durante gli anni ’80. Tra queste vittime figurano alti funzionari come l’allora presidente e il primo ministro, nonché semplici civili che hanno perso la vita in attentati e omicidi.

Queste cifre rivelano l’alto costo umano delle azioni del gruppo. Per decenni, le famiglie delle vittime hanno chiesto che i responsabili di queste atrocità fossero assicurati alla giustizia. Tuttavia, il continuo sostegno dell’Europa al MEK ha trasformato la loro speranza in disperazione. Questa ingiustizia ha alimentato l’insoddisfazione pubblica e una profonda sfiducia nei confronti dell’Europa in Iran, e ha anche eroso la fiducia nelle istituzioni internazionali in senso più ampio.

L’articolo completo è disponibile su Geopolitika.ru

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