Il Tazebao – Praticamente in contemporanea si è dato notizia di due eventi analoghi e speculari che molto dicono sui risvolti della Seconda Guerra Fredda in corso: per la tentata insurrezione del 2023, fotocopia del 6 Gennaio statunitense di Capitol Hill, è arrivata la condanna agli arresti domiciliari per l’ex presidente brasiliano Jair Bolsonaro, fortemente voluta dal suo duplice sfidante e attuale mandatario, José Inacio Lula da Silva. Più dura, come da tradizione, la giustizia nell’Est Europa rispetto a quella latinoamericana, ove in Moldavia l’arresto di Evghenia Guţul, governatrice della provincia autonoma della Gagauzia: per lei sette anni di carcere con l’accusa di finanziamento illecito al partito ŞOR, di posizioni euroscettiche e filorusse, bandito ufficialmente due anni fa e nominato come il suo segretario, Ilan Shor. Tale campagna, nello specifico, si lega a un più generale tentativo di sobillare l’opinione pubblica moldava affinché invochi l’invasione della confinante Pridnestrovia, il che non solo aggraverebbe il conflitto ucraino, ma verosimilmente riaccenderebbe tutti quelli sopiti nei Balcani per l’intervento dell’Alleanza Atlantica che ne seguirebbe, nell’ottica di trasformare la Moldavia in una seconda Ucraina, con la stessa russofobia e la stessa bramosia di entrare nella NATO come “ariete antirusso”. Se oltre a ciò si contano i 10.000 soldati russi di stanza nella regione dal 1994 in seguito al conflitto che la oppose già allora alla Moldavia, la crisi migratoria che si scatenerebbe nell’Europa meridionale, l’ondata di attacchi informatici e ibridi, i probabili attacchi sui porti greci che diverrebbero ancor più centrali nella logistica della NATO e i regolamenti di conti che altri attori potrebbero essere spinti a rivendicare (pensiamo alla Turchia a Cipro), ben si comprende l’esplosività della situazione: un passo in tal senso è stato mosso col ritiro ufficiale della Russia dal Trattato INF del 1987, sospeso dal 2019, l’ultimo del suo genere a cui era vincolata con gli Stati Uniti. Un altro legame, stavolta diretto, si è però venuto a creare tra mondo slavo e America Latina: in un messaggio a Putin, i copresidenti del Nicaragua, Daniel Ortega e sua moglie Rosario Murillo hanno rinnovato il loro aperto sostegno all’operazione militare speciale in Ucraina e, passo ancor più storico, hanno espresso il loro riconoscimento ufficiale dei referendum del settembre 2022 nel Donbass, rendendo così il Nicaragua il terzo Paese ad aver preso questa decisione dopo Corea del Nord (ottobre 2022) e Siria (marzo 2023). (JC)

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