Il Tazebao – La subitanea riesplosione delle proteste a Tripoli contro le continue violenze e attentati da parte dei vari gruppi terroristici ha coalizzato la popolazione anche fuori da Tripoli. Il Consiglio comunale della città di Turman ha infatti dichiarato il disconoscimento del cosiddetto “governo di normalizzazione”, sfiduciato ieri dal Parlamento tra le proteste, che hanno raggiunto il palazzo del Primo ministro, e le dimissioni di quasi tutta la compagine governativa: i ministri dell’Edilizia abitativa, dell’Economia, delle Finanze, dell’Istruzione tecnica, della Giustizia, dell’Ambiente, degli Interni e dell’Industria dei minerali, i sottosegretari alle Risorse idriche e agli Interni e persino il vice di Dabaiba e l’intera giunta comunale di Zawiya, sindaco compreso, hanno rinunciato ai loro incarichi. Il ministro della Giustizia, nel far ciò, ha addirittura espresso apertamente il suo sostegno al movimento popolare. Ad aggravare le tensioni ha contribuito la 444ª Brigata di combattimento, che ha aperto il fuoco sui manifestanti provocando qualche ferito. Inutili i tentativi di interruzione di Internet da parte del governo ormai illegittimo, che ha spento la corrente al centralino principale dell’impianto KM4 nella zona di Abu Salim. Dalla Farnesina, Tajani è riuscito a far evacuare un centinaio di cittadini italiani presenti in territorio libico, mentre sicuramente Trump dovrà aspettare nel suo piano, semmai dovesse trovare una pur altamente improbabile realizzazione, di deportazione e ricollocamento dei palestinesi di Gaza proprio in Libia. Chi invece pare non poter più aspettare è proprio il popolo libico, sempre più veemente nella sua richiesta di elezioni libere, democratiche e realmente inclusive (anche degli ex esponenti del governo della Jamahiriya, primo tra tutti Saif al-Islam Gheddafi).

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