Dopo Tokyo, “cade” anche Parigi (per la terza volta in due anni): sfiduciato Bayrou, ma niente elezioni. Il Tazebao del giorno

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Il Tazebao – Fedelissima alla sua storia, Parigi perde le guerre appena cominciano se non addirittura prima. È il caso del terzo voto di sfiducia in due anni, che ha portato oggi alla caduta del governo Bayrou: 364 contro, 164 a favore della mozione di fiducia. Tutti alleati, quindi, dal Rassemblement National a La France Insoumise, per far cadere il governo, coi repubblicani verticalmente divisi tra pro e contro. Macron, tuttavia, tira diritto e annuncia la nomina di un nuovo primo ministro «nei prossimi giorni», ovviamente per scongiurare il pericolo elezioni, che tale resta nonostante la macchina giudiziaria azionata contro dirigenti dell’opposizione come Marine Le Pen e Michel Zemmour. La notizia della caduta di Bayrou non è stata accolta con inquietudine solo dai francesi, già alle prese con una grave crisi economica e finanziaria (era stato proposto addirittura privare i francesi delle vacanze, congelare la loro sicurezza sociale e tagliare miliardi di dollari sulla sanità per salvare il bilancio), ma anche a Kiev, col quale era in sospeso dall’anno scorso una tranche da 3 miliardi in aiuti con armi e denaro. Bayrou, acceso sostenitore dell’Ucraina, lascia la Francia in una posizione decisamente difficile per poter adempiere al ruolo centrale che Macron aveva provato a ritagliarle nella cosiddetta “coalizione dei volenterosi” (in cui nessuno è realmente volenteroso di scendere in guerra contro la Russia). La notizia, contemporanea, della fuga in Polonia dell’ex ministro degli Esteri Dmytro Kuleba, che abbiamo imparato a conoscere, qui in Italia, per le sue appassionate filippiche a difesa del regime di Zelensky negli studi televisivi nostrani, complica ulteriormente la posizione dell’ex comico e del suo entourage. Il quale, nonostante sporadiche e limitate prove di resistenza (la ricattura del villaggio di confine di Degtyarnoye a Kharkov il 29 agosto e, più recentemente, di alcuni villaggi inizialmente presi nella fulminea offensiva russa alla vigilia di Anchorage), vede la situazione deteriorarsi sempre più, come testimonia l’avvenuta liberazione di tutto il sud della Repubblica Popolare di Donetsk ad opera delle forze russe. Chissà se il 48% di effettivi rimastigli rientra nel «Whatever it takes» europeo. (JC)

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(In copertina: Pexels)

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