Il Tazebao – L’80ª Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha visto decisamente più di un colpo di scena: merita una menzione il discorso del presidente colombiano Gustavo Petro, che scavalcando gli stessi Paesi arabi in assertività ha proposto, lui, la formazione di «un potente esercito di Paesi che non accettano il genocidio» e di unirsi in armi e armate a sostegno della Palestina (Bogotá ha rotto le relazioni con Tel Aviv nel maggio dell’anno scorso). Ancor più riflettori contro ha però avuto puntati l’intervento di Donald Trump, che, nonostante un incontro con Zelensky di soli 7 minuti in cui comunque aveva già elogiato il «buon lavoro» dell’esercito ucraino nel «fermare un grande esercito» (quello della Russia la cui economia, ha detto, «è in uno stato terribile» e starebbe «crollando»), ha minacciato Mosca con l’introduzione di dazi ancor maggiori, esortato gli europei a unirvisi e annunciato analoghe pressioni anche sull’alleato ungherese affinché smetta di acquistare petrolio russo. In un successivo post su Truth Social, egli ha rincarato la dose affermando che l’Ucraina può «riconquistare tutto il suo territorio nei confini precedenti e, chissà, forse andare oltre» col sostegno congiunto di Washington e Bruxelles (cosa di cui ha dubitato lo stesso Zelensky in un’intervista alla Fox News), e, a colloquio con Macron, ha “confessato” che i suoi buoni rapporti con Putin «purtroppo non significavano nulla» per la risoluzione del conflitto ucraino. Nel frattempo, la portacontainer cinese Hengyang 9 ha attraccato al porto di Sebastopoli, in quella che il Financial Times ha definito «una audace sfida alle sanzioni occidentali» e che idealmente segue il collaudo della nuova portaerei cinese Fujian, terza della sua classe, da cui sono decollati i jet J-35, J-15T e KJ-600 attorno allo Stretto di Taiwan per un’esercitazione anfibia tattica comprendente operazioni di sbarco. (JC)
