Il Tazebao – Non è solo per i recenti eventi in Georgia, dove alla fine pare essere stato sventato il tentativo di Maidan con l’insediamento del nuovo Presidente della Repubblica, che il Caucaso torna centrale nelle dinamiche geopolitiche mondiali: esso, infatti, è la porta d’accesso per la Turchia europea all’Asia e un’area strategica dell’ex Impero Ottomano. In questo contesto le azioni dell’Azerbaigian, alleato numero uno di Ankara, assumono un ruolo e una rilevanza di primissimo piano. Se il Presidente Aliyev ha rispolverato le mire annessionistiche su tutta l’Armenia, definendola un “territorio storico azero” e asserendo la necessità di rovesciare la “dirigenza fascista armena”, l’11 gennaio ne ha avute anche per l’Est Europa, sospendendo le forniture di gas alla Serbia (colpita a fine anno da manifestazioni studentesche in odore di rivoluzione colorata), dopo aver fatto rinunciare la nazionale di calcio azera a una partita con la Russia per la questione dell’aereo precipitato in Kazakistan. Adottato adducendo come motivazione dei problemi all’impianto di Shah Deniz, il provvedimento contro Belgrado priva la Serbia di 1.700.000 m³ di gas precedentemente forniti su base quotidiana, comportando un costo di 2-2.300.000 di dollari in riserve nei prossimi quattro mesi. Non sarebbe peregrino ipotizzare che questo distacco dell’Azerbaigian dall’area slava si collochi sullo sfondo del raffreddamento dei rapporti tra Mosca e Ankara sulla questione siriana, dove a una propaganda estera sulla legittimazione del nuovo regime di Damasco fa da contraltare il caos più totale all’interno del Paese. (JC)
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